I miei maestri 4

 

 L'uomo è l'unico animale la cui esistenza è un problema che deve risolvere.

 

 

Il guaio della vita di oggi è che molti di noi muoiono prima di essere nati pienamente

Erich Fromm 

 

 

ERICH FROMM

                                      a cura di Antonino Magnanimo

 

fromm2kErich Fromm nacque a Francoforte sul Meno nel 1900. Figlio di un ricco commerciante israelita di vini, fu educato in un' atmosfera rigidamente religiosa. Dopo aver completato la sua educazione secondaria, nel 1922, a 22 anni, si laurea a Heidelberg in filosofia con una tesi " Sulla funzione sociologica della legge ebraica nella Diaspora ". Mentre prepara la sua dissertazione, Fromm è ancora un ebreo ortodosso che si interroga sui timori che suscitava "negli uomini semplici" la figura dell'ebreo. Tenta quindi di offrire delle spiegazioni., individuando nella legge la forza che garantisce al corpo sociale ebraico di permanere nel suo scontro con corpi storici estranei. Utilizzando gli strumenti concettuali di Max Weber, Martin Buber e Hermann Cohen, propone una ricostruzione sociologica delle origini della diaspora, del rabbinismo, dei rapporti con il cristianesimo e con l'islam con un excursus storico sul crinale di quella legge che evita l'autodistruzione e permette il compromesso con i non ebrei, preservando l'identità nel corso del tempo. Fromm concentra la sua analisi su alcuni momenti della storia religiosa che ritiene esemplari. Negli anni Settanta, sull'onda del successo dei suoi libri, la tesi viene pubblicata. In seguito studiò psicanalisi a Monaco svolgendo anche attività di psicanalista presso l'Istituto psicanalitico di Berlino e di Francoforte. Non si laureò in medicina. Cominciò a praticare la psicoanalisi nel 1925 e divenne presto famoso. Dal 1929 al 1932 fu assistente nell'Università di Francoforte, e nel 1930 la sua prima tesi sulla funzione delle religioni, fu pubblicata in "Imago", una rivista edita da Freud. Invitato all'Istiituto di psicoanalisi di Chicago, visitò gli Stati Uniti nel 1933. Nel 1934, per opposizione al nazismo, lasciò la Germania per stabilirsi permanentemente negli Stati Uniti. Tenne lezioni all' Università di Columbia dal 1934 al 1939 e in altre università americane. Nel 1951 divenne professore del dipartimento di psicanalisi dell' Università nazionale del Messico. Nel 1955 fu nominato Direttore del dipartimento di psicologia della stessa Università del Messico col compito di dirigere l'addestramento di psicoanalisi e di psichiatria. Nel 1962 diventa titolare di una cattedra di psichiatria a New York. Erich Fromm è considerato uno dei maggiori rappresentanti della psicologia post-freudiana . La sua posizione propositiva è stata definita "Socialismo umanistico", utopia di un mondo umano che sappia realizzare le istanze sociali e superare l'alienazione dell'uomo, le spinte a fuggire dalla libertà, che sappia vivere l'amore per la vita. Le opere più importanti di Fromm sono : "Fuga dalla libertà" (1941); "Psicoanalisi e religione" (1950); "Il linguaggio dimenticato" (1951); "Psicoanalisi della società contemporanea" (1955); "L'arte di amare" (1956); "Buddismo, zen e psicoanalisi" (1960); "Marx e Freud" (1962); "Il cuore dell'uomo" (1964 ); "La rivoluzione della speranza" (1968); "Anatomia della distruttività umana" (1973); "Avere o essere" (1976); "Grandezza e limiti della psicoanalisi di Freud"(1979). Fromm insieme a Adorno, Horkheimer e Marcuse diventa uno dei maggiori esponenti della Scuola di Francoforte , che nei primi anni del secondo dopoguerra si afferma nella cultura tedesca. La nuova corrente di pensiero, fortemente influenzata dal marxismo, si ispira a diverse matrici culturali: la dialettica e la fenomenologia hegeliana, il nichilismo di Nietzsche e di Heidegger, la psicoanalisi di Freud. La Scuola con il marxismo ha un rapporto tormentato e complesso per motivi sia teorici che pratici poiché respinge il concetto cardine del marxismo del progresso sociale che conduce al consumismo e alla tecnocrazia. La Scuola si oppone ai regimi totalitari di ispirazione marxista degli anni Cinquanta e Sessanta. Il nucleo originario si costituisce a partire dal 1922 presso l'Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, destinato a diventare particolarmente importante quando, nel 1931, ne prende la direzione Max Horkheimer. Dopo l'avvento del nazismo i componenti della Scuola sono costretti a trasferirsi all'estero, soprattutto negli Stati Uniti d'America e solo alcuni di loro torneranno in Germania alla fine della guerra. Il compito che la Scuola si prefigge è quello di svolgere ricerche collettive e interdisciplinari, tenendo presenti i metodi della sociologia, della ricerca storica, dell'economia politica e del marxismo. Oggetto di studio sono le società industriali e i modi di vivere che in esse tendono a realizzarsi. L'indagine è volta ad analizzare l'autoritarismo, il conformismo, l'alienazione che si presentano in forma più o meno latente nelle società industrializzate ed è condotta prendendo in considerazione anche le manifestazioni culturali e in particolare le avanguardie artistiche del Novecento. La contestazione giovanile del 1968 sembra ispirarsi alla Scuola di Francoforte che in questo periodo suscita pertanto un rinnovato interesse nel mondo della cultura. Di orientamento socialista e materialista, la Scuola ha elaborato le sue teorie e svolto le sue indagini alla luce delle categorie di totalità e dialettica: la ricerca sociale non si dissolve in indagini specializzate e settoriali; la società va indagata come un tutto nelle relazioni che legano gli ambiti economici con quelli culturali e psicologici. E' qui che si instaura il nesso tra Hegelismo, Marxismo e Freudismo che tipicizzerà la Scuola di Francoforte. La teoria critica si prefigge di far emergere le contraddizioni fondamentali della società capitalistica e punta ad uno sviluppo che conduca ad una società senza sfruttamento. Con la presa del potere da parte di Hitler il gruppo francofortese emigra prima a Ginevra, poi a Parigi e infine a New York. Dopo la seconda guerra mondiale Marcuse, Fromm, Lowenthal e Wittfogel restano negli Stati Uniti, mentre Adorno, Horkheimer e Pollock tornano a Francoforte, dove nel 1950 rinasce L'Istituto per la ricerca sociale. Nella scuola di Francoforte si propone e sviluppa la teoria critica della società che avversa il tipo di lavoro della sociologia empirica americana. Per i francofortesi la sociologia non si riduce né si dissolve in indagini settoriali e specialistiche, in ricerche di mercato (tipiche, queste, della sociologia americana). La ricerca sociale è, invece, per loro, la teoria della società come un tutto, una teoria posta sotto il segno delle categorie della totalità e della dialettica e tesa all'esame delle relazioni intercorrenti tra gli ambiti economici, psicologici e culturali della società contemporanea. Siffatta teoria è critica in quanto da essa emergono le contraddizioni della moderna società industrializzata e in particolar modo della società capitalistica. Per maggior precisione il teorico critico "è quel teorico la cui unica preoccupazione consiste in uno sviluppo che conduca ad una società senza sfruttamento". Il primo lavoro di rilievo della Scuola di Francoforte è il volume collettivo "Studi sull'autorità e la famiglia" (1936): la famiglia, come anche la scuola o le istituzioni religiose, viene vista quale tramite dell'autorità e dell'insediarsi di questa nella struttura psichica degli individui. Un lavoro analogo verrà successivamente progettato in America: i suoi esiti sono pubblicati nel volume "La personalità autoritaria". L'analisi più significativa compiuta da Fromm è quella relativa al tema della fuga dalla libertà che caratterizza la civiltà moderna. La storia dell'umanità è storia della libertà e ha inizio quando l'uomo, diventato consapevole della propria esistenza, spezza il legame che lo lega alla natura entro la quale era immerso, così come la storia individuale ha inizio con la separazione dalla madre. L'esistenza umana comincia quando l'adattamento alla natura perde il suo carattere coercitivo; quando il modo di agire non è più fissato da meccanismi ereditari. In altre parole, sin dall'inizio l'esistenza umana e la libertà sono inseparabili. Lo sviluppo della storia ha determinato una serie di conquiste quali il dominio sulla natura, la crescita della ragione, lo sviluppo della solidarietà verso altri uomini, ma ha causato anche isolamento, insicurezza, solitudine. Dalla fine del Medioevo in poi è cresciuta la libertà degli uomini rispetto alla natura e ai legami della tradizione e delle consuetudini del passato. Questa accresciuta libertà ha determinato, però, una perdita di significato dell'esistenza: l'uomo si sente solo, anonimo, impotente. Vive in modo spersonalizzante il lavoro e, ridotto al ruolo di consumatore, avverte la propria limitatezza anche di fronte alle scelte politiche. Tale insicurezza e precarietà determinano alcuni comportamenti di fuga dalla libertà che investono la società in tutti i suoi aspetti, anche quelli politici. Pertanto lo sviluppo dei regimi totalitari del fascismo e del nazismo non ha spiegazione solo a carattere economico e sociale ma anche psicologico poiché ha a che fare con questa tendenza dell'uomo moderno a fuggire dalla libertà che diventa dolorosa e a rinunciare alla responsabilità e all'autonomia delle scelte, rendendolo disponibile a sottomettersi a un regime politico autoritario. Altro punto fondamentale dell'analisi di Fromm in "Fuga dalla libertà" è quello relativo al tema dell' autorità , dove viene operata una distinzione molto chiara tra autorità e autoritarismo, indicati con i termini di "autorità razionale" e "autorità inibitoria". L'autorità non è una qualità ma si riferisce a un rapporto interpersonale, in cui una persona considera un'altra superiore a se stessa. Nel caso dell'autorità razionale, assistiamo a un processo in cui un rapporto si basa su una differenza gerarchica (come avviene per esempio tra insegnante e alunno): la parte inferiore riconosce all'altra una superiorità effettiva che non opera però nei suoi confronti in termini di sfruttamento. E' un rapporto in cui la parte superiore offre all'altra una serie di strumenti che le consentono di avvicinarsi al suo livello e in questo senso si tratta di un rapporto di scambio reciproco su una base affettiva positiva. Si parla invece di autorità inibitoria quando il rapporto di sudditanza viene mantenuto e consolidato da chi ha potere. Fromm prende in considerazione anche le diverse forme di autorità come quelle che si realizzano nel rapporto tra padrone-operaio, padre-figlio, moglie-marito, ecc. L'importanza di Fromm risiede proprio nel tentativo di analizzare i grandi temi della vita sociale in un'ottica psico-sociologica che dà conto dell'importanza dei fattori culturali e sociali nello sviluppo della personalità. Anche il conformismo dilagante nella società moderna, l'assunzione acritica e automatica dei modelli di comportamento proposti dalla società comportano l'annullamento della personalità dell'individuo. In sostanza, si tratta di un meccanismo psicologico di difesa messo in atto per fuggire dalla paura e dalla solitudine, in ultima analisi per fuggire dalla libertà. L'uomo cessa di essere un atomo isolato attraverso la libertà positiva con la realizzazione spontanea e completa della sua personalità e dei rapporti d'amore che lo legano agli altri uomini e al lavoro come creatività. Solo la libertà positiva garantisce la possibilità di un' autentica democrazia . L'analisi della società contemporanea porta all'individuazione del suo carattere fondamentale e cioè dell' alienazione come effetto del capitalismo sulla personalità umana. L'alienazione caratterizza i rapporti dell'uomo con il lavoro, con gli altri uomini, con le cose, con se stesso. In "Psicoanalisi della società contemporanea" viene esaminata con estrema lucidità la situazione dell'uomo moderno in una società la cui principale preoccupazione è la produzione economica più che l'aumento della produttività creativa dell'uomo: una società dove l'uomo ha perduto il predominio. L'uomo moderno è estraniato dal mondo che egli stesso ha creato, alienato dagli altri uomini, dalle cose che usa e consuma, dal suo governo, da se stesso. Egli è ora " una personalità fittizia ". Se si lascerà che le tendenze attuali si sviluppino senza controllo, ne risulterà una società malata, costituita da uomini alienati. Fromm presenta in questo modo una completa e sistematica concezione della psicoanalisi umanistica e propone un'ipotesi di società "mentalmente sana" in cui l'uomo sia il centro dell'interesse delle attività economiche e produttive, evidenziando così l'alternativa tra il sistema capitalistico e la dittatura totalitaria. In "Psicanalisi e religione", Fromm discute il bisogno dell'uomo di una struttura di orientamento con cui egli può superare la sua alienazione e stabilire relazioni con gli altri. Questo bisogno può essere soddisfatto da un' ideologia, da una religione, o persino da una nevrosi mentale. Fromm confronta questo tipo di psicoanalisi che chiama cura dell'anima con le religioni che accentuano il potere e la forza dell'individuo: " la cura dell' anima è quella di mettere un uomo in contatto col suo subcosciente aiutandolo così ad essere libero di stabilire relazioni d' amore ". Il metodo normale per superare l'isolamento è stabilire spontaneamente relazioni col mondo attraverso l'amore e lavorare senza sacrificare l'indipendenza e l'integrità del processo. Nel suo lavoro di analista Fromm scopre una grande varietà di altri meccanismi d'evasione che sono alternativi all'amore: masochismo, sadismo, distruttività, conformismo. Essi producono una riduzione dell'alienazione e dell'ansia ma solo al caro prezzo della rinuncia della propria individualità. L'uomo alienato diventa estraneo a se stesso, non si riconosce come centro del suo mondo e come protagonista delle sue scelte, ma i suoi atti diventano i suoi padroni e a questi si sottomette. Nella società dominata dal denaro e dal consumo, l'uomo concepisce se stesso come una cosa in vendita. Nella società capitalista il consumo diventa fine a se stesso, fa nascere nuovi bisogni e costringe all'acquisto di nuove cose, si perde di vista l'uso delle cose e l'uomo è schiavo del possesso. Si può uscire dall'alienazione solo costituendo un tipo di società organizzata secondo il " socialismo comunitario " con la partecipazione di tutti i lavoratori alla gestione del mondo del lavoro. Il socialismo comunitario prospettato da Fromm è vicino alle posizioni dei socialisti utopistici ed è influenzato dal sindacalismo e dal socialismo corporativista. In "Avere o Essere" Fromm propone all'uomo contemporaneo la scelta netta tra due categorie, due progetti di uomo: o quello dell'avere, dominante nella società capitalistica dei consumi, o quello dell'essere, della realizzazione dei bisogni più profondi dell'uomo. L'analisi di Fromm individua due modi di determinarsi dell'esistenza dell'uomo nella società:

avere, modello tipico della società industrializzata, costruita sulla proprietà privata e sul profitto che porta all'identificazione dell'esistenza umana con la categoria dell'avere, del possesso. Io sono le cose che possiedo, se non possiedo nulla la mia esistenza viene negata. In tale condizione l'uomo possiede le cose ma è vera anche la situazione inversa e cioè le cose possiedono l'uomo. L'identità personale, l'equilibrio mentale si fonda sull'avere le cose.

essere è l'altro modo di concepire l'esistenza dell'uomo ed ha come presupposto la libertà e l'autonomia che finalizza gli sforzi alla crescita e all'arricchimento della propria interiorità. L'uomo che si riconosce nel modello esistenziale dell'essere non è più alienato, è protagonista della propria vita e stabilisce rapporti di pace e di solidarietà con gli altri.
Fromm ritiene necessario attuare una nuova società, fondata sull'essere, liberata dalla categoria dell'avere , che garantisca, a livello politico e nell'ambito del lavoro, la partecipazione democratica di tutti gli uomini. Il rapporto tra l'uomo e la società differisce da quello di Freud per il quale l'uomo è fondamentalmente antisociale e deve essere addomesticato dalla società. Sia la psicoanalisi che il marxismo hanno parzialmente fallito nel loro intento, spiega Fromm in "Marx e Freud". Né l'una né l'altro sono in grado di produrre sostanziali cambiamenti della condizione umana: la psicoanalisi e il marxismo sembrano aver perso la loro carica liberatrice e non sono in grado di fornire la comprensione dei processi in atto. C'è bisogno di una revisione sia per l'una che per l'altro. Della psicoanalisi freudiana, oltre a criticare l'impianto meccanicistico, retaggio di una cultura positivista, Fromm denuncia il carattere borghese proprio dell'epoca e dell'ambiente in cui Freud viveva. Freud non ha espresso nella sua psicoanalisi la vera natura umana, ma solo quella di una società capitalistica, egoista e maschilista riducendo i rapporti tra uomo e mondo solo in termini di soddisfacimento libidico. Nella società alienata del capitalismo non sono, però, i bisogni e le potenzialità umane ad essere realizzati, ma i bisogni socialmente indotti dal mercato. Il marxismo d'altra parte non ha colto il peso che le forze psicologiche, attraverso i meccanismi di riproduzione sociale, hanno sulla personalità degli individui. In "Fuga dalla libertà" Fromm analizza i meccanismi che hanno operato nella storia dell'uomo, in particolar modo analizzando la storia moderna dell'Occidente, che ha spesso visto gli uomini fuggire dalla libertà, cedere la libertà mantenendo l'appartenenza alla società, luogo di sicurezza contro la solitudine. Anche il totalitarismo nazista può essere spiegato con questi meccanismi. Famosa è l'analisi psicoanalitica che egli fa di Hitler, descritto come sadico con il popolo tedesco, che domina e sottomette e masochista nei confronti del destino. Non sembra, però, che Fromm attribuisca a un processo rivoluzionario la possibilità di superamento dell'alienazione. La psicoanalisi può compiere la necessaria critica dell'alienazione dell'uomo contemporaneo e della sua infelicità. Mentre la società capitalista preferisce personalità ferme a stadi pregenitali, demandando alla famiglia il compito della repressione sessuale, Fromm guarda ad una sessualità genitale, che egli vede come simbolo di libertà, creatività, socievolezza. E' stata notata in Fromm una lettura di Marx nella quale i valori della vita, del lavoro liberato, dell'utopia e del Socialismo vengono contrapposti ai valori della morte, dello sfruttamento, dell'alienazione e del capitalismo. In particolare, fra i valori che nella lettura di Fromm vengono esaltati, fondamentale è quello dell'amore. In "L'arte di amare", che è la sua opera più nota e più popolare, discute cinque tipi di amore : amore fraterno, amore tra genitori e figli, amore erotico, amore per se stessi, amore per Dio. Tutte queste forme di amore hanno elementi comuni e devono essere basati sul senso di responsabilità, rispetto e conoscenza. Per ogni individuo l'amore è il modo normale di superare il senso di isolamento e, come desiderio di unione con gli altri, assume una forma specificamente biologica tra l'uomo e la donna. Fromm afferma che è errato interpretare l'amore come una reciproca soddisfazione sessuale poiché una completa felicità sessuale si raggiunge soltanto quando c'è l'amore. La concentrazione sulla tecnica sessuale come se questa rappresentasse la via alla felicità è, egli afferma, una delle molti ragioni per cui l'amore è diventato così raro nella moderna società capitalistica. Fromm crede che l'amore sia l'unica e soddisfacente risposta al problema dell'esistenza umana. L'amore non può essere insegnato, bensì deve essere acquisito tramite uno sforzo continuo, disciplina, concentrazione e pazienza, tutte cose che sono difficili per la pressione continua della vita moderna. Il più importante contributo di Fromm sta nell' accentuazione della dignità e del valore dell'individuo. A differenza degli psicologi del comportamento, egli non riduce l'uomo ad un comune denominatore di istinti e considera il sesso molto meno importante dell'amore. Le sue idee sulla teoria della pratica dell'amore sono della massima importanza poiché dimostrano che uomini e donne possono superare le pressioni della vita quotidiana e le difficoltà che essi incontrano quando vogliono formare mature relazioni d'amore. Dal punto di vista strettamente psicanalitico, Fromm è noto per aver approntato una teoria della personalità. Formatosi innanzitutto come sociologo, Fromm ha saputo coniugare il pensiero di Freud con molti altri grandi filoni culturali, da Marx alla tradizione ebraica. All'interno di questa vasta sintesi dottrinale, si trova anche una teoria della personalità ed una caratterologia, nata come tipologia causale, studiata empiricamente con indagini sul campo e con uso di test proiettivi. La tipologia di Fromm è centrata sul concetto di produttività. Il carattere "produttivo" è quello pienamente sviluppato, non alienato, maturo e ricco di amore per la vita; questo è il punto di riferimento, cui tendono gli altri tre tipi principali, che sono il "ricettivo", l'"appropriativo" e il "mercantile". I tre tipi non costituiscono categorie fisse, ma piuttosto, come in tutti i sistemi caratterologici moderni, delle tendenze presenti in una certa proporzione in ogni carattere. E' significativo quindi non solo il caso in cui una tendenza appare più sviluppata delle altre, ma anche il caso contrario, in cui una tendenza appare appena accennata. Inoltre, la produttività non esclude che il carattere possa essere classificato come appartenente ad uno degli altri tipi; il pieno sviluppo delle potenzialità umane può essere raggiunto attraverso vie differenti. In "Analisi della distruttività umana", Fromm ha descritto anche un altro tipo interamente negativo, il "necrofilo", amante della morte e nemico della vita; questo rappresenta un caso limite, patologicamente lontano dai valori del carattere produttivo. E' raro, fortunatamente, che il necrofilo possa incontrarsi allo stato puro, ma può presentarsi allo stato di tendenza nelle persone troppo affascinate dalla tecnica e dall'ordine.

Fromm ricevette la prima formazione religiosa in famiglia, nei termini di una pratica di vita ebraica rigorosamente ortodossa. Introdotto al Talmud da un prozio materno, ebbe poi come maestri il rabbino ortodosso Nehemia Nobel e il rabbino Salman Baruch Rabinkow, un chabad-hassid. Nobel era un mistico umanista, influenzato da Hermann Cohen e quindi illuminista in senso goetiano e neokantiano. Rabinkow, che era socialista, dava un'interpretazione umanistica della legge ebraica e vedeva nell'autonomia dell'individuo il valore più grande (Funk, 1988). Il rapporto con Rabinkow fu per Fromm importantissimo e fu il lievito che gli farà sviluppare in seguito la visione umanistica della psicoanalisi.

 

 

"In Rabinkow's view the autonomy of man is deeply
rooted in Judaism. (...) What Rabinkow states about a
Judaist is what Fromm later on in life tried to verify
with the help of his psycoanalitic and
sociopsychoanalitic investigation. The options,
however, such as seeing man in his ability for
biophilia, love, autonomy, productive orientation,
humanity, freedom (...) these anthropological options
were taken over by Fromm from Rabinkow's humanistic
view of Judaism" (Ibid.).

 

 

Nel '22 Fromm si laureò presso l'Università di Heidelberg con la tesi "Das jüdische Gesetz", preparata con Alfred Weber. Successivamente studiò Marx e Bachofen e si dedicò alla psicoanalisi: venne analizzato da Frieda Reichmann, Wittenberg e Sachs, ed ebbe come supervisori Landauer e Theodor Reik. Fromm dunque non fu "wild analyst" in nessun senso; in seguito praticherà l'autoanalisi, come Freud e come Groddeck.
La formazione culturale di Fromm era dunque molto diversa da quella di Groddeck e presentava alcuni punti fondamentali di distinzione: l'ebraismo, diventato poi nutrimento di una religiosità non teista; l'umanesimo; l'antiautoritarismo; il marxismo, con l'interesse per la psicoanalisi della società. Questi temi sono presenti negli scritti del giovane Fromm, alcuni dei quali sono già molto importanti: "Die Entwicklung des Christusdogmas" (1930); "Über Methode und Aufgabe einer Analytischen Sozialpsychologie" (1932a); "Die psychoanalytische Characterologie und ihre Bedeutung für die Sozialpsychologie" (1932b).
Con lo studio dei libri di Bachofen e il rapporto personale con Groddeck Fromm prese vivo e diretto contatto col romanticismo, ma lo fece da posizioni illuministe. Il vitalismo e l'irrazionalismo romantici appartengono alla totalità dell'esperienza umana e aiutano a comprendere le potenzialità dell'uomo, a patto che l'uomo sia visto come radice di tutte le sue espressioni, e quindi anche dei sogni, dei simboli, dei miti, delle religioni, dei riti. Quando si pensa che questi prodotti umani siano ispirati da una fonte esterna all'uomo, come accadde a Jung (1938, 1957, 1961) e sopratutto ai mitologi della cosidetta "destra tradizionale" (Jesi, 1979), si possono sviluppare teorie non umanistiche o apertamente antiumanistiche, che nelle loro formulazioni più estreme diventano nemiche dell'uomo e finiscono col legittimare la violenza fascista e nazista (Fromm, 1973; Jesi, 1979).
L'autoritarismo sa giustificarsi con ogni sorta di razionalizzazioni e ideologie e sa sedurre con gli affascinanti aloni dell'irrazionalismo romantico, sempre contro gli interessi dell'essere umano. Per combattere efficacemente le cupe e inquietanti prospettive offerte dalle visioni autoritarie del simbolo e del mito, non basta la simpatia per l'essere umano dimostrata da Groddeck nella sua vita e nelle sue opere, ma occorrono in tutta la loro chiarezza teorica e pratica le opzioni esplicite dell'umanesimo radicale e dell'antiautoritarismo. Fromm si ispira a questi due principi quando applica la psicoanalisi alla facoltà umana di simbolizzare.

Ciò che unisce Fromm a Groddeck è dato dall'amore per la verità e per la libertà, dalla passione per la ricerca, dall'autonomia di pensiero, dal coraggio delle proprie idee, dal fascino provato per i processi della vita che non cessano mai di stupire. In entrambi c'è rispetto e amore per l'uomo e per la natura. Queste condizioni sostanziali per un dialogo fruttuoso non si lasciano certo cancellare da differenze di concettualizzazione. Semmai queste non favoriscono la comparazione dei testi, scoraggiata anche dalle scarse citazioni di Groddeck da parte di Fromm. Però entrambi offrono nuclei tematici che si prestano al confronto e che lasciano intravvedere un'influenza di Groddeck su Fromm. Su alcuni contenuti fondamentali possiamo riscontrare infatti rilevanti affinità.

 

a) Il concetto di inconscio

Groddeck chiamò "Es" l'inconscio. Poiché "Es" è il pronome impersonale singolare nella lingua tedesca, la prima connotazione dell'inconscio groddeckiano è l'impersonalità. L'uomo è vissuto dall'Es, che non ha età, che è continuo movimento, che tiene in vita e conduce alla morte, che fa ammalare e fa guarire. L'Es è il grande torrente della vita che scorre e che tutto genera; vano è opporvisi e l'idea di poterlo governare è un autoinganno (1923). L'Ego non esiste, è una menzogna, un artificio linguistico. La coscienza che l'Ego ha di sé è illusoria (1912).
La vita umana è una rappresentazione simbolica dell'Es, che spinge infine alla morte come ritorno nel grembo materno. Poiché la differenza tra aspetti soggettivi e personali e aspetti oggettivi dell'Es non anima una dialettica ma si stempera in un'unica intenzionalità inconscia, ne esce una visione mistica dell'inconscio. Già nella sua prima lettera a Groddeck del 5 giugno 1917 Freud mostra di accorgersene e di non apprezzarla, parlando di "tendenza monistica a minimizzare tutte le belle differenze della natura" (mia traduzione).
Il concetto di inconscio in Groddeck è direttamente romantico ed inclusivo di ogni aspetto del vivere. Si può ritenere che Fromm sia stato influenzato da Groddeck nella sua concezione dell'inconscio che comprende la totalità delle potenzialità umane. Infatti, il "total man" di Fromm è inconscio, però è un concetto che prende dal romanticismo solo la materia prima, cioè l'idea di un universale fermento vitale, la quale viene elaborata sulla base dell'umanesimo radicale e della considerazione del fattore sociale.
Secondo Fromm, la parte inconscia della psiche individuale è per lo più un dato sociale, storicamente relativo. I filtri (Fromm, 1960, p. 321-326) della lingua, della logica e dei tabù giocano una parte attiva, poiché lasciano passare solo quei contenuti psichici che sono compatibili con le esigenze di funzionamento della società. Conscio e inconscio sono qualità dei contenuti della psiche, le quali vengono attribuite, in massima parte, da processi sociali, essi stessi inconsci. In questo modo l'area conscia del cittadino medio è largamente una illusione, prodotta e condivisa a livello collettivo. Restano inconscie componenti umane universali, biologiche, psichiche spirituali, "rooted in the Cosmos". La non coscienza rappresenta la pianta, l'animale e lo spirito nell'essere umano. In ogni cultura, l'uomo "has all the potentialities; he is the archaic man, the beast of prey, the cannibal, the idolater, and he is the being with the capacity for reason, for love, for justice" (Ibid., p. 328). "The total man", dal passato più lontano al futuro potenziale, rimane inconscio.
Inoltre, la parola "inconscio" non è un sostantivo, ma un aggettivo qualificativo che indica una qualità dei contenuti psichici. "There is no such thing as the unconscious; there are only experiences of which we are aware, and others of which we are not aware, that is, of which we are unconscious" (Fromm, 1962, p. 102).
Possiamo dire che l'inconscio groddeckiano presenta i caratteri della totalità, della vitalità e dell'impersonalità. Mentre i primi due sono accolti e sottoposti ad una revisione da parte di Fromm, il terzo non è umanistico e dunque cade fuori della psicoanalisi frommiana. Infatti, l'idea dell'impersonalità dell'inconscio è stata fatta propria da impostazioni strutturaliste, ad esempio quella di Lacan.
Quanto all'Ego, anche per Fromm è illusorio, poiché esiste solo dal punto di vista della modalità dell'avere. L'Ego, come pensiero obiettivato e verbale della nostra identità socialmente connotata, appartiene alla modalità dell'avere, è una cosa, un possesso, "the mask we each wear", "a dead image". In quanto cosa, l'Ego è anche descrivibile a parole, mentre non descrivibile è l'"I", non soggetto a rappresentazione intellettuale (1976). L'"I" emerge nella modalità dell'essere come totale e immediata esperienza di essere un attivo centro funzionante, un sé, vissuto nella sua tendenziale pienezza (1968a).


b) La psicoanalisi come teoria radicale

Entrambi gli autori hanno avuto fino in fondo il coraggio delle loro idee e le hanno difese senza compromessi. Non hanno mai praticato diplomazie, né sul piano dell'elaborazione teorica né su quello del comportamento, e hanno sempre tratto senza timori tutte le conseguenze, anche estreme, dalle loro premesse di pensiero. La psicoanalisi non è mai stata per loro una "party line" (Fromm, 1958), cui adattarsi, ma ricerca della verità. Entrambi hanno amato il paradosso, che non appartiene alla logica formale ma a quella dialettica, non per stupire o scandalizzare ma per offrire la disposizione intellettuale più prossima a cogliere i guizzi e ribaltamenti dei processi della vita, il loro pulsare e il loro palpitare. Provocatori sì, lo sono stati, di alta provocazione intellettuale, contro gli schematismi, gli irrigidimenti dogmatici, le acquiescenze, i gruppi di potere, le omertà. In fondo, entrambi sono rimasti ai margini della storia ufficiale della psicoanalisi. Benefica e salutare fu l'influenza morale di Groddeck su Fromm e sugli altri suoi amici, oltre che sul geniale e tormentato Ferenczi, che tanto ha dato alla psicoanalisi.
Le teorie di Groddeck e di Fromm sono scomode, perché la psicoanalisi non può che essere scomoda nell'illuminare i meccanismi di difesa sia individuali che socialmente dati. Questi due maestri sono stati pensatori radicali, nel senso che non si sono lasciati vincere dal bisogno di accettazione e approvazione sociali, ma hanno spinto avanti le loro idee, fino a dove esse potevano arrivare nei loro coerenti sviluppi, senza adattarle ad esigenze spurie e dunque tradirle.


c) Il linguaggio verbale

Per Groddeck e per Fromm il contenuto psichico precede la parola. Groddeck afferma che la più profonda vita interiore è muta e che il linguaggio verbale che cerca di esprimerla mente, perché non gli è possibile rendere il movimento incessante dei vissuti in tutte le loro cangianti modalità. La parola può uccidere il pensiero (1923). Solo l'artista è il vero interprete dell'inconscio (1933). Il linguaggio verbale, per un verso, appare indispensabile alla comunicazione umana, allo scambio di opinioni e informazioni, allo sviluppo delle civiltà; per un altro verso, questo linguaggio rallenta lo sviluppo umano, perché "imbavaglia" il pensiero e frena l'azione che ne consegue. Quando si vuole
comunicare un contenuto profondo, fine e delicato bisogna ricorrere al gesto, al contatto, allo sguardo, al suono non verbale, musicale (Groddeck, 1912). Fromm esprime posizioni analoghe quando si occupa della relazione analista-paziente (1959, 1960, 1968b, 1994) o, anche, quando fa l'esempio del sapore del vino del Reno (1957) che non si può comprendere da una descrizione a parole ma solo bevendolo, così come occorre un atto di empatia per comprendere un altro essere umano.
La concezione di Fromm riguardo al linguaggio è basata sulla teoria dei "filtri" sociali che selezionano i contenuti psichici che accedono alla coscienza. Questa teoria non viene da Groddeck, però non solo non contrasta con la critica groddeckiana del linguaggio, ma potrebbe anzi darle una base d'appoggio razionalistica. Secondo Fromm, gran parte dell'esperienza umana, individuale e collettiva, resta inconscia perché trattenuta da filtri socialmente dati. Determinante funzione di filtraggio è svolta dalla lingua. Il vocabolario può non offrire parole per date esperienze e presentare invece una ricca gamma di vocaboli per altre, che diventano coscienti in tutta la loro varietà di sfumature. Anche la grammatica, la sintassi, l'etimologia consentono alle varie lingue differenti modi di percezione e assunzione consapevole delle esperienze. Un altro filtro è quello
logico, che sulla base di regole di pensiero porta a scartare dalla coscienza tutto ciò che appare illogico. Un terzo filtro riguarda il contenuto dei vissuti, esistendo in ogni società dei tabù che impediscono la consapevolezza di dati pensieri o sentimenti (1960, 1962). A proposito di questa teoria, Fromm cita Benjamin Lee Whorf; le fonti principali sarebbero probabilmente, secondo Burston (1991, pp. 147-48), Herder e Max Scheler. Va però ricordata una proposizione di Groddeck, in chiusura della Lettera 10^, "Das Buch vom Es" (1923): fra la coscienza e l'inconscio c'è un setaccio; sopra il setaccio, cioè nella coscienza, rimangono solo le parti grosse, la crusca, mentre la farina che serve alla vita scende giù nelle profondità dell'Es.


d) Il linguaggio simbolico

Il linguaggio verbale per Groddeck è menzognero perché l'Es si esprime coi simboli, i quali non sono inventati da qualcuno, ma esistono come patrimonio inalienabile dell'umanità. Tutti i pensieri e tutte le azioni coscienti sono conseguenze, risvolti esteriori, degli inconsci processi di simbolizzazione. L'intera vita umana è governata dai simboli (1923). La stessa distinzione tra "corpo" e "anima" esprime solo due funzioni, due modi di manifestarsi dell'Es, che è l'unica realtà sotto i fenomeni prodotti dalla creazione simbolica. L'uomo è vissuto da una coazione a simbolizzare, è un essere simbolizzante (1922).
Le pagine di Groddeck indicano continuamente operazioni e corrispondenze simboliche in riferimento a sintomi, organi del corpo umano, funzioni fisiologiche, pensieri, azioni, comportamenti. Un'applicazione magistrale della sua abilità nel lavorare coi simboli è data dalla sua interpretazione della miopia. Ernst Simmel si fece curare la miopia dal suo amico Groddeck, il quale, come Simmel stesso riferì, ricorreva a un gioco di parole in lingua inglese, lingua che egli conosceva molto bene: "The Eye is I, and anyone who is short-sighted does not want to see far ahead ..." (Grotjahn, 1966). La miopia esprime il conflitto tra i sentimenti e i pensieri del miope, la sua visione personale, e le convenzioni sociali, la morale e le idee del suo ambiente. L'analisi è completata dall'esame etimologico della parola "myopia" e della parola "mysterium": la comune radice "my-" significa "restringere", da intendere come protezione dalla superficialità del comune pensare (1932a). Anche qui, come sempre, Groddeck combinava la sua sensibilità di lettore di simboli con le sue competenze di glottologo e filologo, risalendo alle radici più lontane delle parole e scoprendo i significati originari, poi smarriti nell'evoluzione storica delle lingue.
Si può ritenere che la lezione di Groddeck sia passata nel pensiero di Fromm, ma rielaborata e chiarita nella visuale umanistica. L'appartenere al genere umano, il portarne in sé le caratteristiche fisiche e psichiche rendono l'individuo capace di comprendere e di esprimere il linguaggio dei simboli, un linguaggio umano universale, che consente agli uomini di civiltà diverse e anche lontanissime nel tempo di comunicare tra loro attraverso i prodotti dell'arte, dei miti e delle fiabe (Fromm, 1951, 1962).
La definizione di simbolo come "something that stands for something else" richiede l'esame della correlazione tra il simbolo e ciò che viene simbolizzato. Questa correlazione comporta che l'attività dei sensi, come il vedere, l'udire, l'odorare, il toccare, stanno al posto di un'esperienza interiore, un'emozione, un sentimento, un pensiero. "Symbolic language is a language in which inner experiences, feelings and thought are expressed as if they were sensory experiences, events in the outer world" (Fromm, 1951, p. 174).
Fromm distingue tre tipi di simboli: quello convenzionale, quello accidentale e quello universale. Il simbolo convenzionale è comunemente comprensibile, perché il rapporto con l'oggetto simbolizzato è posto da una convenzione, come nel caso del simbolo linguistico o di quello segnaletico. All'opposto, il simbolo è accidentale se vale per una sola persona, la quale lo abbia associato a una data cosa o esperienza. In entrambi i casi manca una relazione intrinseca tra simbolo e cosa simbolizzata, che invece caratterizza il simbolo universale, fondato sull'"experience of the affinità between an emotion or thought, on the one hand, and a sensory experience, on the other" (1951).
"The forgotten language" è il linguaggio dei simboli universali, comuni a tutti gli uomini di tutte le civiltà.

"Yet this language has been forgotten by modern man.
Not when he is asleep, but when he is awake (...) I
believe that symbolic language is the one foreign
language that each of us must learn" (Fromm, 1951, pp.
175-176).

Il linguaggio simbolico ha una sua grammatica e una sua sintassi, con una logica diversa quella convenzionale, nella quale le categorie del tempo e dello spazio sono meno importanti di quelle dell'intensità e dell'associazione (Id.).

e) Il linguaggio del corpo

In quanto medico, Groddeck parte dalla cura del corpo, nel quale via via scopre il linguaggio dell'Es; s'accorge che i simboli si incarnano e agiscono sul piano biochimico e fisiologico. Il linguaggio del corpo è linguaggio simbolico che parla attraverso il funzionamento degli organi, le sue alterazioni, le malattie con tutti i loro sintomi e le loro conseguenze sul piano del comportamento e della vita pratica. Groddeck vede i contenuti psichici tradursi in via mediata o in via immediata in aspetti del corpo e in accadimenti che lo riguardano (1917, 1923, 1926, 1932, 1933).
Anche per Fromm il corpo esprime la mente (1951) e si può riconoscere il carattere di una persona dai suoi aspetti corporei: il portamento, l'andatura, le mani, i gesti, la voce, la mimica. Il carattere ricettivo si palesa attraverso la bocca e le labbra tendenzialmente aperte, come a chiedere nutrimento, ed i gesti sono "inviting and round". Il carattere sfruttatore presenta una bocca che sembra pronta a mordere e movimenti diretti ed aggressivi, con gesti appuntiti. Il carattere tesaurizzante tiene le labbra strette, serrate, con atteggiamenti ritratti e gesti "angular" (1947). Nel carattere mercantile il corpo è alienato a strumento di successo, da conservare giovanile e piacente sul mercato delle personalità. L'interesse per gli odori si esprime sul volto del carattere necrofilo, conferendogli il tratto caratteristico di "sniffer"; il viso denuncia l'incapacità di ridere, è inespressivo e lascia l'impressione di "dirty" face, per la pelle arida e giallastra (1973).


f) L'alta considerazione del femminile

Sia Groddeck che Fromm apprezzano e ammirano l'animo femminile. Groddeck è sopratutto affascinato dalla gravidanza e dalla maternità; Fromm reputa la donna generalmente più capace di amare, perché più a contatto coi suoi sentimenti, che tende a dissociare dal suo intelletto meno di quanto faccia l'uomo, e perché è più pronta ad assumersi le responsabilità di un rapporto affettivo.
Secondo Groddeck, il godimento umano più alto sta nella maternità e per questo l'uomo invidia la donna. Quando un uomo ha la pancia esprime il suo desiderio di partorire; un desiderio di ripiego è quello di partorire un figlio almeno con la testa, come Zeus partorì Atena. Il gozzo di Groddeck scompare solo quando egli prende coscienza che è provocato dalle sue fantasie di gestazione.
Fromm è molto influenzato dal pensiero di Bachofen riguardo alla capacità di amare della donna. L'esperienza del parto e del prendersi cura del bambino rende la donna capace di estendere il suo amore da se stessa ad altri esseri umani. Il potere femminile è segnato da questa esperienza di vita e di tenerezza e promuove pace e fratellanza, benessere materiale e felicità terrena. Il matriarcato è ispirato da un principio di universalità, mentre il patriarcato da un principio di restrizione (1970).
Però i miti, le ricerche antropologiche, i contenuti di molte religioni documentano un duplice ruolo della figura materna: quello di dare la vita e di amare incondizionatamente e quello di toglierla e di odiare senza ragione. Anche nei sogni la madre appare come figura buona e piena d'amore o animale feroce che terrorizza, o con altri svariati simboli di tale ambivalenza (1973).

 

"I have found clinically that the fear of the
destructive mother is by far more intense than of the
punishing, castrating father. It seems that one can
ward off the danger coming from father by obedience;
but there is no defence against mother's
destructiveness; her love cannot be earned, since it
is unconditional; her hate cannot be averted, since
there are no 'reasons' for it, either. Her love is
grace, her hate is curse, and neither is subject to
the influence of their recipient" (Id. pp. 329-330).

 

Secondo Fromm, bisogna vedere non solo gli aspetti positivi ma anche quelli negativi sia del principio matriarcale sia del principio patriarcale. Il primo non consente lo sviluppo completo dell'individuo, che resta fissato alla madre e infantile. Il secondo non favorisce l'amore e l'uguaglianza e premia l'obbedienza e la subordinazione. La sintesi dei due principi porta ad una visione integrata (1970), sia nei termini di una civiltà in cui pietà e giustizia non siano più in conflitto, sia nei termini di un individuo che diventi madre, padre e figlio di
se stesso (Fromm, 1955; Silva-Garcia, 1983).


g) Aspetti dell'approccio clinico

Non risulta che Fromm abbia avuto con Groddeck un rapporto personale di supervisione psicoanalitica in senso tecnico, però partecipava alle riunioni di psicoanalisti che si tenevano a Baden Baden - negli ultimi anni di vita di Groddeck spettò a Frieda Fromm Reichmann il compito di organizzare questi incontri e di fungere da padrona di casa (Farber, 1966). Seguendo vie indirette, possiamo ragionare su un passo de "The Clinical Diary" di Ferenczi (1985), dove vengono citati Groddeck e Clara Thompson. Ferenczi afferma (7 gennaio) che la spontaneità e la sincerità del comportamento formano il clima più adatto alla situazione analitica, al contrario delle posizioni rigidamente teoriche. Si tratta di un principio psicoterapeutico largamente accettato dagli
psicoanalisti della scuola interpersonale, ai quali Clara Thompson portò la lezione ferencziana e Frieda Fromm Reichmann con Karen Horney quella groddeckiana. Il precedente storico di questa prassi psicoanalitica va dunque cercato nel modo di lavorare di Groddeck, molto diretto, franco e sincero coi pazienti (1923). Maud Mannoni (1979) nota come il "riso" di Groddeck rievocava non solo l'infanzia del paziente, ma anche l'infanzia dell'analista. Possiamo pensare ad un riso che spazzava via gli schematismi teorici e affidava la guarigione del paziente all'intuizione delle
astuzie dell'Es e all'assecondamento dei suoi processi di vita. Anche Fromm riteneva che le spiegazioni teoriche, specialmente se complicate, non avessero effetto terapeutico e che l'analista dovesse comunicare al paziente verità che lo riguardavano in modo semplice e diretto (1968b). "Fromm rejected any dogma, ritualized procedure, or a priori theory-based interpretations that deny the uniqueness and complexity of the individual patient and violate the potential for a singularly vital encounter" (Lesser, 1992).
Il clima della situazione analitica, cui accennava Ferenczi riferendosi a Groddeck e alla Thompson, era essenziale anche per Fromm.

 

"The essential factor in psychoanalytic therapy is
this enlivening quality of the therapist. No amount of
psychoanalytic interpretation will have an effect if
the therapeutic atmosphere is heavy, unalive and
boring" (1976, p. 296).

 

Inoltre, si può trovare un'eco dell'idea di Groddeck di risvegliare nel paziente le forze risanatrici inconscie (1923) nel principio psicoterapeutico frommiano di mobilitare le "emergency energies" (1968b, 1994), con l'importante precisazione però che, secondo Fromm, "one cannot ch'ange without an incredible effort".


NOTE CONCLUSIVE

L'influenza di Groddeck su Fromm non è stata di tipo teoretico, cioè Groddeck non ha trasmesso a Fromm nulla di veramente notevole in termini di sistema di pensiero, e questo spiegherebbe le scarse citazioni. L'osservazione che Groddeck non era un pensatore sistematico non sembra costituire il punto principale, che sta invece, secondo me, nel fatto che entrambi sono stati pensatori liberi e non conformisti. Ciò che si apprende da un pensatore non
conformista è innanzitutto il pensare in modo indipendente e aperto, la fedeltà a se stessi nell'avventura del proprio pensiero e del proprio cammino, la fede in se stessi e nelle proprie potenzialità, che sono amore di sé nel coraggio delle proprie idee. L'insegnamento che viene da entrambi non è quello di accumulare nozioni e di organizzarle in sistemi rigidi, ma quello di far nascere il concetto dall'esperienza, di non dissociare mai l'attività dell'intelletto dall'esercizio delle altre facoltà umane, di non scindere in psicoanalisi il pensiero dal sentimento, dall'affetto, dall'emozione. Entrambi hanno imparato dal loro amore per le strutture viventi e hanno ricavato le loro teorie
psicoanalitiche dalla pratica clinica. Groddeck giunse alla psicoanalisi attraverso il suo originale lavoro coi pazienti; Fromm poté scrivere:

 

"For over thirty-five years I have been a practising
psychoanalyst. I have examined minutely the behaviour,
the free associations, and the dreams of the people
whom I have psychoanalysed. There is not a single
theoretical conclusion about man's psyche (...) which
is not based on a critical observation of human
behaviour carried out in the course of this
psychoanalytic work" (1962, p. 43).

 

Quel che Fromm sembra aver ricevuto da Groddeck è sopratutto un nutrimento spirituale, un insegnamento basato sull'esempio. Il riso di Groddeck era molto serio: una scuola del paradosso. Le poche parole che Fromm ha scritto su di lui sono di affetto, ammirazione e gratitudine.

 

Georg Groddeck (1866-1934) partecipò alla fase pionieristica della psicoanalisi e con la sua personalità originale e creativa influenzò le fondamenta stesse dell'edificio psicoanalitico. I suoi epistolari con Freud (1970) e con Ferenczi (1982) documentano quanto il suo pensiero sia stato di suggerimento e di sollecitazione nella formulazione delle prime e più ardite teorie psicoanalitiche. Operò sia come medico sia come romanziere e critico letterario e tutta la sua attività fu ispirata dalla fede nella forza dei simboli. Vide nelle malattie del corpo delle creazioni simboliche che cercava di curare non solo con la fisioterapia e la tecnica del massaggio che gli aveva insegnato il suo maestro Schweninger, ma anche con la psicoanalisi. Per questa introduzione della psicoterapia nella cura delle malattie organiche Groddeck venne considerato il "padre della medicina psicosomatica", un appellativo che egli non gradiva (Grotjahn, 1966), perché lo riteneva limitativo rispetto alla sua ampiezza di visione.
L'ironia, la spontaneità scanzonata e la grande fantasia di Groddeck disturbavano molti psicoanalisti (Gay, 1988), irritati anche dalla sua autodefinizione di "wild analyst" (Grossman & Grossman, 1965). Lo stesso Freud dovette intervenire in suo favore contro il pastore svizzero Oskar Pfister, che criticava "Das Buch vom Es" (1923). Però altri eminenti psicoanalisti ne furono affascinati, come Otto Rank, Ernst Simmel, Heinrich Meng, Karl Landauer. Un'amicizia profonda legò a Groddeck due importanti donne della psicoanalisi, Karen Horney e Frieda Fromm-Reichmann. Spesso gli incontri tra Groddeck e gli altri psicoanalisti avvenivano a Baden-Baden, dove Groddeck aveva la sua clinica "Sanatorium", detta scherzosamente "Satanarium".
Groddeck fu anche amico, insegnante e medico di Erich Fromm (1900-1980) durante la seconda metà degli anni '20 e i primi anni '30 (Funk, 1983, Burston, 1991). In quell'epoca Fromm era uno psicoanalista freudiano formatosi all'Istituto di Berlino, con interessi specifici riguardo al carattere sociale, ed era membro dell'"Istituto di Francoforte per la Ricerca Sociale". Ai fini della comprensione del rapporto Groddeck-Fromm è indispensabile considerare lo studio profondo intrapreso da Fromm dell'opera di Bachofen e l'interpretazione umanistica della tradizione ebraica che egli ricavò dal suo insegnante di Talmud Salman Baruch Rabinkow (Funk, 1988).
Così si esprime Fromm in una lettera inedita (Biancoli, 1997) a Sylvia Grossman del 12 novembre 1957 riguardo a Groddeck:

 

"Egli era, a mio parere, l'unico (analista tedesco)
che fosse vero, originale, coraggioso e
straordinariamente generoso. (...) Sono sempre stato
molto grato (...) di aver avuto il privilegio di
conoscerlo. (...) Il suo insegnamento mi ha
influenzato più di quello di altri miei maestri".

 

Fromm dunque dichiara un'influenza di Groddeck su di lui, però scorrendo l'opera omnia edita da Rainer Funk troviamo solo due citazioni (1935, 1976); un'altra citazione di minore interesse si trova nel capitolo inedito di "To Have or to Be?" (1992, p. 14), dove Groddeck è ricordato solo per la sua tecnica del massaggio volta a liberare il corpo dalle tensioni. Per questo stesso motivo Fromm parla di Groddeck, associato al nome di Wlhelm Reich, in due momenti durante un seminario tenuto a Locarno nel 1974 (Fromm, 1994, p. 115 e p. 175).
Anche la seconda citazione (1976, p. 352) è molto circoscritta, poiché si riferisce all'erezione del pene che, secondo Groddeck, rende un uomo tale solo per pochi istanti mentre lo lascia bambino per la maggior parte del tempo, riguardo a tale aspetto. Però anche qui Fromm non perde l'occasione per definire Groddeck "one of the most outstanding, although relatively little known, psychoanalist".
Nella prima citazione (1935, pp. 130-131) Fromm dedica quasi una pagina a Groddeck e presenta una valutazione articolata su di lui. Accanto ad espressioni ammirate, Fromm non tace i limiti di Groddeck: disprezzo per la scienza e posizioni reazionarie nelle questioni sociali. Allo stesso tempo, elenca le qualità del suo amico: geniale intuito psicologico, atteggiamento libero da ogni moralismo e da ogni senso del peccato in materia sessuale, rapporti schietti e di dedizione totale ai pazienti. Secondo Fromm, Groddeck è importante più per l'influenza che ha esercitato sugli psicoanalisti che erano in rapporto personale con lui che non per i suoi scritti, un po' scientifici e un po' romanzeschi. In particolare, Groddeck ha esercitato un forte influsso su Ferenczi, contribuendo al dato storico del suo creativo e doloroso dissidio da Freud. Al riguardo, Fromm (1935, p. 131) scrive:

 

"La sua influenza (di Groddeck) è stata sopratutto di
carattere individuale, e l'evoluzione di Ferenczi
(...) si deve spiegare soltanto grazie al forte
influsso che Groddeck ha esercitato su di lui.
Ferenczi aveva un temperamento originale e
creativo, era molto dotato, ma era anche sensibile e
timido, diversamente da Groddeck. La sua vita è stata
sotto l'influsso di Freud e di Groddeck, e gli è
mancata la forza di scegliere fra i due" (mia
traduzione).

 

Questo dissidio di Ferenczi da Freud non si è risolto in una ribellione dichiarata o in una scissione, però ha aperto un filone alternativo nella psicoanalisi che si è espresso "in two directions: the British middle school and the American interpersonal-cultural school" (Bacciagaluppi, 1993).
Fromm accenna anche alla tradizione culturale di Groddeck, che era quella di Carus e Bachofen.
Pure l'influenza di Groddeck su Fromm sembra dovuta più al loro rapporto personale che non agli scritti di Groddeck che di fatto Fromm non cita. L'esame comparato delle loro teorie lascia pensare che quel rapporto personale abbia dato un contributo all'approccio clinico frommiano e alla familiarità di Fromm col pensiero romantico tedesco.

 


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Tagliaferri, A. (1973), Introduzione. In: Groddeck, G., Il libro dell'Es. Milano: Mondadori.
 
 

 

La relazione terapeutica non deve essere un'educata conversazione o una chiacchera da salotto, ma deve avere il carattere dell'immediatezza: L'analista non deve mai mentire, né cercare di compiacere o impressionare. Deve restare se stesso, il che significa che deve aver lavorato con se stesso.
da L'arte di ascoltare, 1991 (Mondadori, 1994).

 

 


 

 

 

 

GEORG W. GRODDECK
 


groddeckGeorg Walter Groddeck (1866- 1934) era arrivato alla psicoanalisi per vie traverse e aveva formulato delle ipotesi sulll'Es che entusiasmarono lo stesso Freud. Medico, fisioterapista, ma soprattutto uomo di grande creazione e di intuito, ancor oggi non trova il consenso che merita. Egli si definì analista selvaggio, perché non volle seguire alcuna scuola, anche quando Freud così rispose ad una sua lettera:
Le faccio un grosso favore se la respingo da me, lì dove gli Adler, gli Jung e gli altri. Ma non posso farlo, io devo avanzare le mie pretese su di lei, devo affermare che lei è uno splendido analista, il quale ha afferrato irrevocabilmente la sostanza della questione. Se riconosce che il transfert e la resistenza sono la chiave di volta del trattamento, appartiene ormai, senza rimedio, alla nostra schiera. 

Per Groddeck l'inconscio non parla soltanto in sogno, si esprime anche per mezzo di un gesto, nel corrugarsi della fronte, nel battere del cuore. Ogni sintomo è un simbolo, un messaggio di un malessere più profondo che dovrebbe essere tradotto e portato alla coscienza.
L'Es ha un linguaggio di cui Groddeck conosce buona parte del dizionario: un linguaggio simbolico, antico, universale che esprime sia la lesione cutanea, sia il cancro, sia la guarigione. Con pieno diritto Groddeck può essere inteso come il padre della psicosomatica moderna.
Nel 1920 fece parte della Società Berlinese di Psicoanalisi.
Nel 1923 pubblicò Il libro dell'Es.
Con questo libro Groddeck ci inizia ad una psicoanalisi a volte ingenua, spesso penetrante, usando nell'eplorazione della psiche e dei suoi moventi inconsci più le abilità del romanziere che l'armamentario del tecnico del controllo sociale. Tuttavia amò autodefinirsi psicoanalista selvaggio: attributo che allude al suo carattere veramente originale e stimolante, ma che non lo colloca fra quegli analisti che vivono di improvvisazione.
Scrisse nella sua breve biografia:

Mi ci sono voluti molti anni prima di arrivare a dire, scrivendo, tutto ciò che prendo sul serio. 


Nel 1923 si accinse alla traduzione delle opere di Freud in svedese.
Nel 1926 iniziò a scrivere le sue memorie che rimasero incompiute.

Guai al mondo se la donna diventa sapiente... Solo la donna ci insegnò ad amare. La radice della vita affonda in lei. La donna è come l'albero che è tutt'uno con il frutto. L'amore della madre è principio e fine di ogni amore


Così esprime il suo concetto sulla donna che considera la signora della civiltà.
Per Groddeck l'uomo fu creato animale da preda. Robusto, bello di membra, avido di sangue e ardente in amore generò il suo mondo, il mondo maschile. Il suo compito è finito, l'uomo va tramontando, ma la donna è eterna. Il futuro è della donna. Datele autocoscienza.
Eppure questo Groddeck così astruso fu un ottimo medico, nel senso completo della parola, e mise per iscritto le sue idee sulla malattia, sulla cura in un prezioso libro, Nasamecu, ossia Natura sanat, medicus curat.

Il compito del medico non è di guarire il malato, ma di curarlo, di spianare la strada alla natura, affinché essa lo possa guarire. Ora, nella malattia succede proprio quel che capita alla pietra che cade in acqua: intorno ad essa si formano dei circoli che si estendono.
Analogamente avviene nell'uomo malato: una lesione localizzata provoca tanti cerchi; sono questi cerchi che si possono curare... 


Groddeck dopo l'investitura ufficiale da Freud è riconosciuto, ancor oggi, come uno dei fondatori della moderna medicina psicosomatica.

Il romanticismo, in particolare quello tedesco, offrì l'ambiente culturale adatto allo studio dei miti e dei simboli. Il vitalismo e la filosofia della natura favorirono l'idea dell'inconscio come radice e genesi di tutte le manifestazioni della vita universale (Ellenberger, 1970). Pensatori e filosofi come Friedrich Schlegel, Creuzer, Schelling, Carus, von Schubert e il poeta Novalis costruirono le premesse della psicologia romantica di Gustav Theodor Fechner, citato più volte da Freud (1895, 1905, 1915-17, 1920, 1922, 1924, 1925), e della valorizzazione dei simboli dell'arte e della mitologia antiche che consentì a Johann Jakob Bachofen (1815-87) una interpretazione originale della storia dell'umanità.
Bachofen, nel "Preambolo e Introduzione" al suo "Das Mutterrecht" (1861), polemizzava con gli storici che seguivano il metodo storicistico-positivista, per la loro visione ristretta che si interessa solo di fatti, personalità ed istituzioni, trascurando la mitologia. Sostenne che bisognava invece considerare non solo la storia ma anche il mito, per ottenere una visione globale e profonda dell'antichità. Il principio di ogni sviluppo giace nel mito. La più possente leva di tutte le civiltà è la religione. Lavorando sui miti e sui simboli come documenti, Bachofen fece emergere una chiara e coerente visione del matriarcato come stadio universale della storia dell'umanità. Questo stadio dimenticato precedette l'attuale patriarcato e a sua volta seguì un'anteriore situazione di promiscuità sessuale, l'eterismo, che aveva come simbolo la palude e come divinità Afrodite. L'amazzonismo promosse il passaggio al matriarcato, che fondò la famiglia con il diritto matrilineare e avviò l'agricoltura. I valori erano dati dall'amore per la madre, la condanna senza appello per il matricidio, la libertà, l'uguaglianza, la pace. La divinità era Demetra e tra i principali simboli c'erano la predilezione della notte, della luna, della terra, il culto dei morti, le sorelle preferite ai fratelli, l'ultimogenito preferito ai figli maggiori, la sinistra preferita alla destra. In seguito a lotte terribili, il patriarcato soppiantò il potere femminile e impose i suoi valori, che Bachofen riteneva superiori: indipendenza individuale, amore per il padre, diritto patrilineare, procreazione spirituale, di cui l'adozione era una esplicitazione. Cambiarono i simboli: prevalse il giorno sulla notte, il sole sulla luna, il cielo sulla terra, la destra sulla sinistra. La divinità era Apollo, dio della luce e delle belle arti. La lotta del soccombente matriarcato contro il potere maschile espresse una riedizione degenerata dell'amazzonismo, che ora professava il culto di Dioniso.
Il giovane Nietzsche raccolse quella distinzione tra apollineo e dionisiaco e la ripropose rielaborata e cambiata nel suo primo libro di filosofia "Die Geburt der Tragödie" del 1886. Nietzsche fu alunno del professor Koberstein, nonno materno di Groddeck (Prasse, 1980). Si era venuta formando una rete di rapporti culturali e di idee entro la quale Groddeck cominciò a muoversi. Nel suo primo libro "Ein Frauenproblem" del 1902 Groddeck imitò lo stile di Nietzsche ma propose un contenuto bachofeniano, cioè l'interesse e l'ammirazione per il femminile. Groddeck ricavò da Nietzsche anche l'uso del termine "Es", che Freud poi adopererà, con diverso contenuto, facendo esplicito riconoscimento di averlo
preso da Groddeck.
Dopo anni di esperienze cliniche in cui lavorava con l'aspetto simbolico dei sintomi, Groddeck scrisse la prima lettera a Freud il 27 maggio 1917, comunicandogli i risultati delle sue riflessioni e chiedendogli se poteva essere considerato psicoanalista. I due uomini erano molto diversi tra loro, ma Freud rispose positivamente e gli manifestò simpatia, tanto da pubblicargli nel '19, per i tipi della Psychoanalyticher Verlag, "Der Seelensucher", un "romanzo psicoanalitico" estroso e divertente. In quegli anni Groddeck pubblicò vari lavori: "Von der Sprache" del 1912 (1964); "Psychische Bedingtheit und psychoanalytische Behandlung organischer Leiden" del 1917 (1966); "Eine Symptomanalyse" del 1920 (1966); "Der Symbolisierungszwang" del 1922 (1966). Dopo la sua opera più nota, "Das Buch vom Es" del 1923 (1961), scrisse ancora molti saggi, tra cui: "Traumarbeit und
Arbeit des organischen Symptoms" del 1926 (1966); "Vom Sehen, von der Welt des Auges und vom Sehen ohne Augen" del 1932 (1966); "Vom Menschenbauch und dessen Seele" del 1932 (1966); "Der Mensch als Symbol" del 1933 (1973).
In tutte queste opere Groddeck mostra di essere un tardo rappresentante del romanticismo e del vitalismo (Burston, 1991), con le inevitabili ambiguità di questa posizione: come psicoanalista clinico e come persona, fu creativo, innovatore e generoso, e coraggioso nello sviluppare e sostenere le sue idee; riguardo invece al suo pensiero in campo sociale e politico e rispetto al sapere scientifico, fu un uomo di destra che non comprese il suo tempo. Nel '34 pateticamente scrisse alcune lettere a Hitler (Tagliaferri, 1973) per fargli cambiare le sue intenzioni: ricevette come risposta l'essere ricercato dalla polizia tedesca e il dover fuggire in Svizzera, dove morì poco dopo, a Zurigo.
Mentre Groddeck applicava la sua feconda fantasia e il suo intuito allo studio dei simboli, altri pensatori di destra si occupavano di simboli e di miti e si esprimevano nella "Bachofen-Renaissance" esordita negli anni '20 (Jesi, 1973). Autori come Klages, Bäumler, Evola proponevano una lettura di Bachofen che faceva del mito una sostanza, una entità extra-umana (Schiavoni, 1988). Fromm (1934) polemizzò con queste teorie e difese una lettura umanistica di Bachofen, il quale peraltro aveva ispirato anche vari autori socialisti attratti dall'egualitarismo del matriarcato.

 


OPERE

-- Il libro dell'Es: lettere di psicoanalisi a un'amica [1923], Adelphi, Milano, 1980

-- Lo scrutatore di anime, Bompiani, Milano, 1985

-- La natura guarisce, il medico cura. La scporta della psicosomatica, Celuc, Milano, 1986

-- Questione di donna, TEA, 1995

-- Satanarium, Il Saggiatore, Milano, 1996

-- Il teatro di Ibsen: tragedie e commedie, Guida, Napoli, 1985

-- Il pastore di Langewiesche, Studio Tesi, Pordenone, 1990

-- Sigmund Freud - Georg Groddeck, Carteggio Freud-Groddeck, Adelphi, Milano, 1979

-- Sandor Ferenczi - Georg Groddeck, Corrispondenza 1921-1933, Astrolabio, Roma, 1985.

 

 

BIBLIOGRAFIA ITALIANA

 

-- Martynkewics, Georg Groddeck una vita, Il Saggiatore, Milano, 2005

-- Carl M. Grossman - Sylvia Grossman, Groddeck: l'analista selvaggio, Tattilo, Roma, 1973 .