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I miei libri senza tempo 4 Stampa

 

I libri sono pieni delle parole dei saggi, pieni degli esempi degli antichi, dei costumi, delle leggi, della religione. Vivono, discorrono, parlano con noi, ci insegnano, ci ammaestrano, ci consolano, ci fanno presenti - ponendole sotto gli occhi - cose remotissime dalla nostra memoria. Tanto grande è la loro forza, la loro dignità, la loro maestà e infine la loro sacralità, che, se non ci fossero i libri, saremmo tutti rozzi e ignoranti, senza alcun ricordo del passato, senza alcun esempio e non avremmo conoscenza alcuna delle cose umane e divine; la stessa urna che accoglie i corpi degli uomini avvolgerebbe nell'oblio anche i loro nomi. Cardinal Bessarione Estratto dalla lettera al Doge veneziano Cristoforo Moro (31 maggio 1468) 

 

 

 

N.B. Il testo delle recensioni in grigio chiaro svela il finale del libro, per cui si consiglia, a chi non lo volesse conoscere anticipatamente, di non leggerlo prima della lettura del libro.

 

 

I miei libri senza tempo (quelli che andrebbero riletti di tanto in tanto o che sono pietre miliari della mia conoscenza, e sono tanti, mi limiterò ad aggiungerne qualcuno saltuariamente):

 

 

 

"La fine dell'alfabeto", Richardson C.S., Garzanti, 2008.

la_fine_dellalfabetoAmbrose Zephir ha cinquant'anni, fa il pubblicitario, e vive in una piccola casa vittoriana piena di libri. È sposato con Zipper, avida lettrice di ogni cosa, ma con una passione smodata per "Cime tempestose". Alla vigilia del suo cinquantesimo compleanno scopre di avere una malattia incurabile. Gli resta un mese di vita: trenta giorni, non di più. E Ambrose decide di partire. Abbandona tutto e, insieme a Zipper, intraprende un viaggio. Un viaggio intorno al mondo, in tutti i luoghi che ha amato e dove avrebbe sempre voluto andare, seguendo un rigoroso ordine alfabetico. Da Amsterdam a Zanzibar, da Berlino alle piramidi di Giza, passando per la torre Eiffel e Parigi, la città che ha assistito al loro primo incontro. E mentre i giorni scorrono lettera dopo lettera, Ambrose e Zipper si godono ogni istante, tra i ricordi e un presente irreale, passeggiando insieme per le strade del loro amore, visitando antiquari in cerca di libri preziosi, ascoltando vecchi cantastorie di strada. Fino a Istanbul, quando il loro viaggio prende una piega inaspettata. 

 

 

"Perché gli uomini non fanno più la corte?", Lamourère Odile, Castelvecchi  (collana Le Navi), 2008.
perch_gli_uomini_non_fanno_pi_la_corteÈ possibile che, non sapendo più che pesci pigliare con queste benedette donne, gli uomini preferiscano restare a distanza da loro? Che con le loro contraddizioni e la loro ricerca di un principe azzurro le donne abbiano messo il proprio futuro sentimentale in pericolo? In quest'epoca di postfemminismo, l'espressione "fare la corte" ha ancora lo stesso significato per uomini e donne? Odile Lamourère racconta con umorismo che fine ha fatto oggi la seduzione. Basandosi sulle testimonianze di centinaia di donne, ci offre una panoramica delle loro insoddisfazioni e delle loro aspirazioni nei confronti degli uomini. Poi, cedendo la parola agli uomini, svela i risultati di un'indagine sulle relazioni amorose. 

 

 

"Nelle terre estreme", Krakauer Jon, Corbaccio, 2008.
nelle-terre-estremecorbaccioNell'aprile del 1992 Chris McCandless si incamminò da solo negli immensi spazi selvaggi dell'Alaska. Due anni prima, terminati gli studi, aveva abbandonato tutti i suoi averi e donato i suoi risparmi in beneficenza: voleva lasciare la civiltà per immergersi nella natura. Non adeguatamente equipaggiato, senza alcuna preparazione alle condizioni estreme che avrebbe incontrato, venne ritrovato morto da un cacciatore, quattro mesi dopo la sua partenza per le terre a nord del Monte McKinley. Accanto al cadavere fu rinvenuto un diario che Chris aveva inaugurato al suo arrivo in Alaska e che ha permesso di ricostruire le sue ultime settimane. Jon Krakauer si imbattè quasi per caso in questa vicenda, rimanendone quasi ossessionato, e scrisse un lungo articolo sulla rivista "Outside" che suscitò enorme interesse. In seguito, con l'aiuto della famiglia di Chris, si è dedicato alla ricostruzione del lungo viaggio del ragazzo: due anni attraverso l'America all'inseguimento di un sogno. Questo libro, in cui Krakauer cerca di capire cosa può aver spinto Chris a ricercare uno stato di purezza assoluta a contatto con una natura incontaminata, è il risultato di tre anni di ricerche. 

Un ottimo motivo per leggere questo libro di Jon Krakauer, Nelle terre estreme, è che Sean Penn ne ha tratto uno dei film più belli degli ultimi vent'anni, Into the wild. Corbaccio "approfitta" dell'uscita in sala della pellicola che ha commosso la Festa del Cinema di Roma per rieditare questo reportage letterario su una vicenda umana (e umanista) di rara bellezza. La copertina vede Emile Hirsch, giovane e bravissimo attore, seduto sul pullman che sarà la sua ultima casa. Immagine replicata sui manifesti cinematografici e sull'album che fa da colonna sonora, scritto e cantato dalla voce dei Pearl Jam Eddie Vedder. Nelle terre estreme, è utile chiarirlo, è uno di quei rari e fortunatissimi casi in cui tanti talenti e una storia incredibile si uniscono per regalare qualcosa di magico. La storia è quella di Christopher McCandless: a 24 anni questo ragazzo della borghesia bene di Washington si laurea e decide di seguire il richiamo della foresta che fin da piccolo sente, grazie alle sue letture appassionate. Tra esse, ovviamente, l'anticapitalista e amante della natura selvaggia Jack London e l'utopista di ideali estremi Lev Tolstoj, ma anche compagni di viaggio pe(n)santi come Boris Pasternak e Henry Thoreau. Loro lo spingono a bruciare tutto il suo passato, anche materialmente, abbandonare la sua vita e la sua famiglia ipocrita e un po' troppo bugiarda, e partire in un viaggio biennale attraverso l'America, un "on the road" avventuroso che lo vedrà espatriare in Messico in canoa, lavorare in un silos, vivere in una comunità di hippie. Il suo obiettivo è l'Alaska, la bellezza e la solitudine assoluta in cui ritrovare se stesso, la verità e la libertà assoluta. Eroe romantico e ribelle vero, mistico ma anche straordinariamente fisico, Christopher McCandless diventerà in questo viaggio Alexander Supertramp (nome di battaglia con cui si ribattezza), una sorta di incrocio tra Che Guevara e San Francesco, capace di essere un eremita con straordinarie capacità di socializzazione, di cambiare la vita dell'adolescente Tracy come del vecchio testardo e disperato Ronald. Un viaggio commovente e intenso quello di Chris- Alex, che ha dato vita ad altrettanti percorsi di vita. Krakauer, appunto, dopo averne scritto sulla sua rivista "Outside" una storia di copertina, ha partorito un libro che con appassionato rigore approfondisce ogni tappa di questa trasformazione itinerante. Scrittura priva di enfasi ma piena di empatia, il suo è un reportage, un'inchiesta vera e propria, vista e vissuta con un coinvolgimento che di giornalistico ha poco. Un cocktail tanto pericoloso, quanto riuscito.

Pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1996 (Villard Books), il libro di Jon Krakauer diventò subito un vero classico della letteratura "di viaggio" e si pose a lungo ai primi posti delle classifiche di vendita, un vero best seller inaspettato e oggi, a tanti anni di distanza, trascinato dall'uscita dell'omonimo film, è di nuovo tra i primi dieci libri più venduti negli Stati Uniti.
Il libro racconta la storia di Christopher McCandless che nell'estate del 1990, a ventidue anni, dopo essersi laureato, soddisfacendo così le aspirazioni dei genitori, dà in beneficenza tutti i suoi risparmi e parte verso… la natura selvaggia.
Assumerà una nuova identità, sarà da quel momento Alexander Supertramp, il suo viaggiare durerà due anni e si concluderà tragicamente tra le nevi dell’Alaska dopo 113 giorni vissuti sfidando la fame, il freddo e la natura davvero ostile che lo circondava.
Chris/Alexander venne trovato morto da un cacciatore e vicino al suo corpo si trovò un diario su cui aveva annotato, scrivendo sempre in terza persona, giorno per giorno, finché ne ebbe la forza, la vita e la lotta per la sopravvivenza in quei luoghi ostili. Proprio da questo l’autore trasse il materiale per raccontare le ultime terribili settimane di vita di Chris. Anche se per quasi un anno, dal maggio 1991al suo arrivo in Alaska , il ragazzo interruppe il diario, in coincidenza con la rottura della sua macchina fotografica.
L'autore è riuscito però a "riempire" anche quel periodo, perché quasi tutto il libro è denso di colloqui con le persone che avevano conosciuto e frequentato quel ragazzo nei due anni del suo avventuroso viaggio attraverso gli States e, grazie ai quali, è stato possibile per l'autore ricostruire in modo dettagliato tutto il percorso.
Ecco ad esempio il testo di una cartolina che Chris aveva spedito a Westerberg, detenuto della Glory House, casa di detenzione di Sioux Falls, che aveva diritto ad uscire per lavorare all'esterno dove aveva conosciuto Chris, diventandone amico:
Come va la vita? Spero meglio dell'ultima volta che ci siamo sentiti. Sto girando per l'Arizona già da un mese. È veramente un grande Stato! Sono circondato da paesaggi stupendi e il clima è meraviglioso. Ma lo scopo principale di questa cartolina, oltre ai saluti, è quello di ringraziarti per l'ospitalità. È raro trovare una persona tanto generosa e buona come te. A volte però rimpiango di averti incontrato, perché con tutti questi soldi è troppo facile viaggiare. Com'erano più eccitanti le giornate senza un becco d'un quattrino, quando dovevo darmi da fare per procurarmi il pasto successivo. In ogni modo, ora come ora non ce la farei proprio a sopravvivere senza soldi, visto che in questo periodo la terra è piuttosto avara di frutti...
Krakauer, amante lui stesso di alpinismo e di viaggi avventurosi, di solitudine e di immersioni nella natura, racconta la storia di Christopher, sapendo rappresentarne la psicologia, la sete assoluta di libertà e di rottura di tutti i vincoli che il giovane, sfidando non solo le convenzioni ma gli stessi limiti umani, decide di vivere.
Prima della stesura del libro Krakauer aveva scritto un articolo per l’Outside Magazine  in cui presentava la vicenda affascinante e drammatica di questa sfida assoluta, articolo che ebbe una tale risonanza che lo spinse ad approfondire, con l’aiuto della famiglia di Chris, i suoi due ultimi anni di vita e il percorso di questo viaggio sempre più estremo.
La domanda che si pone, e che pone al lettore, l’autore è principalmente questa: perché tanti giovani americani sono così attratti dal rischio? Quanto sono influenzati dalle difficoltà delle famiglie d’origine? La ricerca di una vita autentica, di un significato da dare all’esistenza, può condurre a scelte così estreme? E ancora: nell’immaginario americano che posto ha la natura selvaggia?

Le prime pagine
NOTA DELL'AUTORE
Nell'aprile del 1992 un ragazzo di buona famiglia della costa orientale degli Stati Uniti raggiunse l'Alaska in autostop e si addentrò nel territorio selvaggio a nord del monte McKinley. Quattro mesi più tardi un gruppo di cacciatori d'alci rinvenne il suo corpo ormai in decomposizione.
Poco dopo la scoperta del cadavere, il direttore della rivista Outside mi chiese di scrivere un pezzo sulle misteriose circostanze della morte del giovane. Scoprii così che si chiamava Christopher Johnson McCandless e che era cresciuto in un ricco sobborgo di Washington D.C, distinguendosi sia per gli ottimi risultati accademici sia per quelli sportivi.
Nell'estate del 1990, appena conseguita una laurea con lode all'Emery University, McCandless sparì dalla circolazione. Cambiò nome, diede in beneficenza tutti i risparmi - circa ventiquattromila dollari -, abbandonò l'auto con quasi tutti i beni personali, bruciò i contanti nel portafoglio e s'inventò una nuova esistenza ai margini della società, peregrinando attraverso l'America del Nord in cerca di un'esperienza pura e trascendentale. La famiglia non sapeva dove il ragazzo si trovasse né cosa gli fosse capitato, finché un giorno in Alaska non ne fu trovata la salma.
In tempi molto stretti, preparai un articolo di novemila parole che fu pubblicato sul numero di Outside del gennaio 1993. Ma anche quando nelle edicole il mensile venne via via sostituito dalle novità, il mio interesse per il caso McCandless non si spense. Ero come tormentato dai particolari della morte per fame di quel giovane e dai vaghi e inquietanti paralleli tra gli eventi della sua e della mia vita. Riluttante ad abbandonare la vicenda, trascorsi più di un anno a ripercorrere con un fervore che rasentava l'ossessione il tortuoso cammino che lo aveva portato a morire nella taiga d'Alaska, in cerca di ogni minimo dettaglio sulle sue peregrinazioni. Cercando di capire McCandless, mi trovai inevitabilmente a riflettere su temi ben più vasti: il fascino che i territori selvaggi suscitano nell'immaginario americano, l'attrattiva che le attività ad alto rischio esercitano su certi ragazzi, il complicato e delicato legame che unisce padri e figli. Il risultato di questa intricata ricerca è il libro che vi accingete a leggere
Chris era un ragazzo molto profondo, il cui forte idealismo era difficilmente compatibile con la vita moderna. Affascinato dall'opera di Tolstoj, McCandless ammirava soprattutto il modo in cui il grande romanziere aveva saputo abbandonare una vita di benessere e privilegi per frequentare gli indigenti. All'università il ragazzo cominciò a emulare l'ascetismo e il rigore morale del suo eroe letterario a un punto tale che sulle prime stupì e in seguito preoccupò chi gli stava accanto. Quando si avventurò nelle foreste d'Alaska, McCandless non si illudeva di arrivare nel bengodi: al contrario, pericoli, avversità e rinunce tolstoiane erano proprio quello che cercava. Li trovò, e ne trovò anche troppi.
Ma per gran parte delle sedici settimane di ardua prova, il ragazzo se la cavò piuttosto bene e se non fosse stato per una o due negligenze apparentemente insignificanti, nell'agosto del 1992 egli sarebbe uscito dai boschi senza clamore, così come vi era entrato nell'aprile dello stesso anno. Invece, le ingenuità commesse lo condannarono, il suo nome finì sulle prime pagine dei tabloid e i familiari sconcertati dovettero rimettere insieme i cocci di un amore intenso e doloroso.
Un numero sorprendente di persone è rimasto colpito dalla vicenda di vita e morte di Chris McCandless. Non a caso, nelle settimane e nei mesi successivi alla pubblicazione dell'articolo su Outside, la redazione fu sommersa da tante lettere quante non se ne erano mai viste nella storia della rivista. Com'è prevedibile, la corrispondenza rifletteva punti di vista diametralmente opposti: alcuni lettori ammiravano molto il ragazzo per il coraggio e i nobili ideali, altri lo definivano un idiota imprudente, un folle, un narcisista morto per arroganza e stupidità, e consideravano immeritata l'attenzione riservatagli dai mass media. Sarà presto chiaro quello che io penso in proposito, ma vorrei che fosse il lettore a formarsi una sua opinione su Chris McCandless.

 

"La seconda chance in amore. Quando si ama non si è mai perdenti", Angel Sylvie, Clerget Stéphane, Castelvecchi, 2008.
la_seconda_chance_in_amoreChi, dopo la fine di una relazione, non ha pensato: "Non mi innamorerò mai più"? Partendo dalla certezza che la fine di un rapporto genera una chiusura interiore, gli psicologi Silvie Angel e Stéphane Clerget spiegano come si può risolvere la crisi e smettere di sentirsi sfiduciati nei confronti degli altri, come affrontare i rimpianti e canalizzare positivamente la rabbia, come ridimensionare il dolore della perdita e recuperare autostima. Solo allora si è pronti alla rinascita, perché una seconda chance in amore è sempre concessa. Gli autori forniscono risposte, consigli di seduzione, proposte su come riscoprire il linguaggio del corpo e migliorare la comunicazione in un nuovo rapporto.
 

 

 

"La scientificazione dell'amore", Michel Odent, Urra, 2008.

la_scientificazione_dellamoreL'importanza dell'amore fin dal grembo materno per la sopravvivenza e l'evoluzione dell'umanità
Michel Odent, dopo che Frédérick Leboyer denunciò già nel 1974 col suo famosissimo “Per una nascita senza violenza”, l’assurdità di alcuni gesti del tutto inutili per non dire dannosi, che venivano compiuti regolarmente al momento della nascita, è il medico francese che creò nell’ospedale di Pithiviers, la “salle souvage”, dove si poteva riprodurre, all’interno di un ospedale, un ambiente familiare, simile a una stanza di casa: una mediazione tra parto in casa e parto medicalizzato.
Trasferitosi poi a Londra, Odent si dedica al Centro di Ricerca della Salute Primale, per riunire e divulgare gli studi che riguardano l’influenza dell’ambiente esterno sullo sviluppo dei sistemi della Salute Primale(sistemi di adattamento sottocorticali, che maturano precocemente durante la vita fetale, il periodo perinatale e il primo anno di vita) e i suoi effetti a lungo termine.
Odent ritiene che soddisfare le esigenze primarie dell'essere umano fin dal concepimento sia un punto chiave per l'evoluzione della nostra specie e del mondo verso l'armonia, il rispetto, la pacificazione. Concepimento, gravidanza, nascita e puerperio nel rispetto della fisiologia sono un diritto per ogni donna e per ogni nuovo nato e un reale investimentoper il futuro.
Sono temi che ci interrogano ed è un'occasione importante poterne discutere direttamente con l’autore che li riprende e li amplia nel nuovo libro.
Perchè tutte le culture interrompono con rituali il primo legame tra la madre e il figlio appena nato? Perchè fino a ora si è riconosciuto un vantaggio evolutivo nello sviluppo di un potenziale umano aggressivo anzichè nella capacità di amare? Fino a tempi recenti l'amore era dominio di poeti, artisti e filosofi; ultimamente è stato studiato da molteplici prospettive scientifiche. Michel Odent asserisce che l'approccio specialistico ha trascurato l'importanza dell'amore come potenziale e rivoluzionaria strategia per la sopravvivenza umana, sostenendo che il dominio sulla natura e sugli altri gruppi umani, sia ormai superato e non più idoneo allo scopo. Odent intreccia i dati derivati da una moltitudine di discipline, e ripercorre la sua esperienza relativa alla nascita e alla storia neonatale degli individui: così facendo offre spiegazioni penetranti, convincenti, "scientifiche" a sostegno dell'adozione di una strategia improntata all'amore per la sopravvivenza dell'uomo, una strategia che nasce e si nutre fin dalla nascita.
Michel Odent, medico e chirurgo, dopo aver lavorato in Algeria e Guinea come chirurgo di guerra, approda nel 1962 nel piccolo ospedale francese di Pithiviers, come primario di chirurgia, e lì resta per 23 anni. Odent è noto per aver creato in ambiente ospedaliero, la prima “salle souvage”, un ambiente simile a una stanza di casa, mediazione tra parto in casa e parto medicalizzato. Inoltre, trasferitosi a Londra, fonda nel 1985 il Primal Health Research Centre specializzato nello studio degli effetti a lungo termine sulla salute delle modalità del parto, dei primi istanti di vita del neonato e della sua interazione con la madre. Oggi, alla sua attività di medico e ricercatore, unisce quella di insegnante in numerosi convegni e seminari in tutto il mondo. E\' autore di circa 50 articoli scientifici e di 11 libri, pubblicati in 21 lingue.

 

 

"I pilastri della terra", Follett Ken, Mondadori, 1989.
pilastri_della_terraUn mistery, una storia d'amore, una grande rievocazione storica: in quella che è la sua opera più ambiziosa e acclamata, Ken Follett tocca una dimensione epica, trasportandoci nell'Inghilterra medievale al tempo della costruzione di una cattedrale gotica. Intreccio, azione e passione si sviluppano così sullo sfondo di un'era ricca di intrighi e tradimenti, pericoli e minacce, guerre civili, carestie, conflitti religiosi e lotte per la successione al trono. Un romanzo che si sviluppa lungo più di quarant'anni di storia, i cui indimenticabili protagonisti sono vittime o pedine di avvenimenti che ne segnano i destini e rimettono continuamente in discussione la costruzione della cattedrale.

 

 

 

"Mondo senza fine", Ken Follett, Mondadori, 2007.

mondo_senza_fineÈ il 1327. Il giorno dopo Halloween quattro bambini si allontanano da casa a Kingsbridge. Il gruppo, composto da un ladruncolo, un bulletto, un piccolo genio e una ragazzina dalle grandi ambizioni, assiste nella foresta all'omicidio di due uomini. Una volta adulti, le vite di questi ragazzi saranno legate tra loro da amore, avidità, ambizione e vendetta. Vivranno momenti di prosperità e carestia, malattia e guerra. Dovranno fronteggiare la più terribile epidemia di tutti i tempi: la peste. Ma su ciascuno di loro resterà l'ombra di quell'inspiegabile omicidio cui avevano assistito in quel fatidico giorno della loro infanzia. Diciotto anni dopo la pubblicazione del grande successo mondiale, I Pilastri della Terra, ecco il ritorno di Ken Follett nel piccolo villaggio di Kingsbridge, dove tutto ebbe inizio. Un ritorno all'ambientazione medioevale per rievocare quel suo capolavoro, un'ambiziosa storia di fede e passione, guerra e potere.

Ambientato nell'Inghilterra, due secoli dopo la fine de I Pilastri, l'antefatto vede protagonisti quattro ragazzi che, nei boschi intorno a Kingsbridge assistono per caso allo scontro tra due sicari con le insegne reali e alla fuga di un cavaliere che porta con sé una lettera preziosa. Nel corso del romanzo quei ragazzi attraverseranno quasi quattro decenni di storia inglese, segnata dalla guerra dei cent'anni e dalla spaventosa epidemia della Morte nera. Il geniale Merthin, uno dei quattro, diventerà il progettista dell'ardito ponte in pietra del villaggio prima di esserne allontanato e trovare fortuna a Firenze. Tornato a Kingsbridge si misurerà con l'impresa di aggiungere una nuova e spettacolare torre alla cattedrale che ne I Pilastri della Terra era stata costruita dai muratori-architetti Tom e Jack. Il fratello Ralph sarà dominato dall'ambizione di restituire alla famiglia di piccoli nobili decaduti lo status di un tempo. Ma è soprattutto Caris, splendida figura di donna sempre tenace e appassionata, a dominare il romanzo sul filo di una vita davvero sorprendente.

Dall'intreccio di queste storie, immerse nell'atmosfera medioevale, al cospetto di una Chiesa cattolica sempre più impotente di fronte alle carestie e alle guerre secolari e destinata ad incassare il duro colpo della Riforma protestante, nasce una nuova ambiziosa opera di Ken Follett, una saga dominata dal tema del cambiamento e dai modi con cui ognuno di noi reagisce ai mutamenti del proprio tempo.

L'autore: Ken Follett è nato a Cardiff nel 1949 e vive a Londra. Laureatosi in filosofia all'University College di Londra, ha lavorato come giornalista. La sua straordinaria carriera di scrittore inizia nel 1978, con l'exploit di La cruna dell'Ago. Un successo mondiale hanno ottenuto anche i successivi romanzi (tutti editi da Mondadori): Triplo, Il codice Rebecca, L'uomo di Pietroburgo, Sulle ali delle aquile, Un letto di leoni, I pilastri della terra, Notte sull'acqua, Una fortuna pericolosa, Un luogo chiamato libertà, Il terzo gemello, Il martello dell'Eden, Codice a zero, Le gazze ladre, Il volo del calabrone e Nel bianco.

 

"Desiderio di uomo. Desiderio di donna?", Fiumanò Marisa a cura di, Carocci, 2007.

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Non c'è desiderio, di uomo, di donna, senza asimmetria di posizioni. La necessità di questa disparità, testimoniata dalla clinica, urta contro l'ideologia egualitaria delle società odierne alla ricerca di uguaglianze e di un benessere condiviso. Il desiderio, invece, si nutre di asprezze, di difficoltà e di divieti. Da qui il problema di accordare la logica del desiderio con le rivendicazioni e l'ideologia di un'epoca. A differenza di quanto accadeva ai tempi di Freud, oggi non c'è più rimozione sessuale e quindi divieto, condizione del desiderio sessuale. Quest'assenza di interdizione è connessa al declino di una funzione regolatrice centrale che Lacan ha chiamato "Nome del Padre". Tra clinica e sociale il testo esplora le aporie del desiderio nella contemporaneità.

 

 

"Respirare", Thierry Janssen, Feltrinelli, 2007.

respirare-feltrinelliSempre più persone, insoddisfatte delle risposte che la medicina ufficiale è in grado di dare, si rivolgono alle cosiddette “pratiche mediche alternative” o “complementari”. Molti aspetti dell’approccio medico tradizionale non soddisfano più: il rapporto gerarchico e anaffettivo tra specialista e paziente, l’uso massiccio e non bilanciato di quantità esagerate di medicinali, il concentrarsi sulla cura dei sintomi e non delle cause ecc.
Tra gli aspetti più trascurati dall’approccio scientifico vi è la questione del ruolo della mente nell’originarsi delle malattie e soprattutto nella loro cura. Come per certi versi dimostra il cosiddetto “effetto placebo” nella somministrazione dei medicinali, comincia ad affacciarsi l’idea che la mente possa governare la salute, talvolta in modo decisivo. Si tratta quindi di sondare le tante pratiche mediche esistenti, anche quelle cosiddette “alternative”, al fine di arrivare a un approccio curativo che tenga insieme mente e corpo.
Per avvicinare questo obiettivo, l’autore, medico chirurgo con una solida formazione, ha incontrato numerosi ricercatori e ha sperimentato direttamente molte delle pratiche mediche alternative. Il suo resoconto è quindi ispirato da valori correttamente “scientifici”, verificabili e ripetibili, che però incrinano la nostra visione “sacrale” della medicina.
Janssen considera il fattore umano e mentale il motore primo della guarigione. Dalla neuroimmunologia (incentrata sulla presenza del fattore stress) recupera il beneficio che apportano le emozioni positive, mentre le pratiche di rilassamento, meditazione e ipnosi sono valorizzate dagli stessi laboratori scientifici, che ne hanno attentamente monitorato le ricadute positive su corpo e mente. Altre pratiche, come i metodi di educazione somatica ispirati ad Alexander e Feldenkrais, pongono in rilievo la memoria emotiva del corpo. Lo yoga, il tai chi e il qigong sembrano invece mobilitare meccanismi di autoriparazione dell’organismo. L’agopuntura genera fattori reali e duraturi sul cervello.
Sono molte le pratiche a porre in crisi le certezze mediche “ufficiali”. E si tratta di discipline che pongono la questione salute come la risultante di un equilibrio tra mente e corpo.
Thierry Janssen è specialista in chirurgia urologica, a partire dal 1998 ha approfondito il tema della salute del corpo studiando l’ipnosi eriksoniana, la medicina ayurvedica e quella cinese tradizionale e praticando lo yoga, il tai chi e la meditazione. È autore di numerosi libri, tutti di straordinario successo in Francia, tra cui Vivre le cancer du sein autrement (2006).
Indice - Sommario
Avvertenza
Introduzione. I primi segni di una rivoluzione nella medicina
I. Una medicina dello spirito per curare il corpo
II. Una medicina del corpo per curare lo spirito
III. Una medicina dell'energia per curare il corpo e lo spirito
Conclusione. Una medicina del potenziale umano per vivere nel Ventunesimo secolo.

 

 

"Terapia della gelosia e dell'invidia. Trattamenti psicologici integrati", Edoardo Giusti, Monterapia_della_gelosiaia Frandina, Sovera Multimedia, 2007.

Comprendere la passione patologica dei tormenti e dei deliri assillanti a sfondo paranoico di soggetti gelosi, consente di realizzare trattamenti clinici specifici per la rabbia ansiosa derivante dalla minaccia della perdita. Interventi terapeutici differenziati riguardano il risentimento espresso da turbative e ostilità di soggetti invidiosi, bramosi di ottenere con avidità astiosa i vantaggi che l'alterità possiede. 

Edoardo Giusti: presidente dell'ASPIC e direttore della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Integrata è professore a contratto presso la scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica dell'Università degli studi di Padova.

Maria Frandina: Psicologa specializzanda in Psicoterapia presso l'ASPIC e come mediatrice familiare presso l'IPR di Napoli, collabora con l'IMR e l'AMU, si occupa di formazione.

 

 

"Azione Senz'Azione Wu Wei: l’arte spirituale del cambiamento senza violenza", Borel Henri, BIS, 2007. 
 
wu_wei_azione_senza_azioneSi tratta di un viaggio alla ricerca delle “vere risposte”. Determinante l’incontro, per il protagonista, con il saggio maestro Lao-Tze, (letteralmente fanciullo-vecchio; secondo la leggenda il maestro era nato con i capelli candidi e la saggezza di un vecchio). Questi gli insegna il concetto di Wu Wei, l’azione senz’azione, e la vera natura del Tao, il principio ultimo, abbracciando il quale si può raggiungere una più vera e profonda comprensione delle cose.
È stato scritto dall’insigne orientalista Henri Borel che ha dedicato la sua vita allo studio e alla diffusione del pensiero orientale in Occidente. Azione senz’azione, è un testo che si ispira all’antica saggezza cinese e, in particolare, il concetto di Wu Wei è uno dei più importanti precetti Taoisti che riguarda la consapevolezza del quando agire e del quando non agire.

Uno straniero sbarca sulle coste dell'isola cinese di Shièn-Shan. Egli va in cerca di conoscenza, di risposte alle sue domande: chi siamo? Che cosa è il mondo che ci circonda? Che significato ha la nostra vita?
Dopo tante peregrinazioni, l'uomo giunge al cospetto di un vecchio saggio, un uomo "alto ed eretto come una palma, dal volto quieto come una calma sera, nel silenzio degli alberi e nella tranquillità del chiaro di luna". Sarà lui, con parole semplici e chiare, a mostrargli il cammino che conduce alla saggezza del Wu Wei.
Quello che nasce tra il viandante smarrito e l'anziano sapiente è un dialogo di straordinaria poesia e di profonda umanità, essenziale e commovente al tempo stesso, che consente all'uomo occidentale di misurarsi con l'antica saggezza orientale e di avvicinarsi al principio del Wu Wei, ovvero dell'Azione senz'Azione.
Wu Wei non significa, come si potrebbe immaginare, rinuncia all'azione, passività, pigrizia. Wu Wei è "moto spontaneo", "non resistenza", semplicità, accordo totale e primigenio con la natura, un cammino che conduce alla liberazione dalle schiavitù del desiderio, del dolore, delle paure della vita e dell'angoscia della morte.
Una strada da percorrere giorno dopo giorno, con grande calma interiore, eppure senza esitazione, per imparare a riconoscere la bellezza in ogni cosa, l'armonia nella natura, la poesia nella vita.

 

 

"Come coccolarsi con libri e film", Kohan Silvia Adela, Morellini, 2007.

come_coccolarsi_con_libri_e_filmC'è un modo del tutto nuovo per guardare un film o leggere un libro: il mood della coccola terapeutica. Il libro offre alla lettrice (e al lettore) più di duecento schede di opere letterarie e cinematografiche che servono per farsi un po' di coccole: per capire i propri stati d'animo, le proprie forze, le proprie debolezze, per sapere che cosa cambiare e che cosa tenere, per trovare una guida e un conforto nelle proprie azioni. Con un'ampia introduzione ai metodi per capire e coccolarsi meglio.

Silvia Adela Kohan è laureata in filologia spagnola, ricercatrice di tecniche creative in letteratura e nel linguaggio, è direttrice della rivista Escribir y publicar. Cofundadora de Grafein (talleres de escritura y reflexión teórica), attualmente a Barcelona, collabora nel supplemento culturale del quotidiano La Nación, de Buenos Aires. Attualmente è autrice di numerosi libri, fra i quali, De la autobiografía a la ficción, Escribir una novela, Así se escribe un buen cuento, Taller de escritura: el método y Ava lo dijo después. Ha vinto il Premio Delta 2005, Finalista nel concorso “Juan Rulfo” del racconto e del Lumen “Femenino Singular” di racconti.

 

"L'attimo fuggente e la stabilità del bene", Natoli Salvatore, EDUP, 2007.

lattimo_fuggenteSalvatore Natoli è da sempre attento agli interrogativi più urgenti del presente. La felicità, per dirla con le sue stesse parole, è un "tema d'esistenza, anzi, per usare una formula cara agli antichi, è il fine stesso della vita". "L'attimo fuggente e la stabilità del bene" è una riflessione sulla dinamica di fondo che caratterizza la felicità e i suoi molti modi di manifestarsi: la beatitudine, la serenità, la gioia. La felicità, dunque, non sta solo nell'attimo, nell'acme cui perveniamo, ma nell'appartenere a essa. La felicità è piacere d'esistere, fecondità. È espressione della vita che vuole se stessa e che trova compimento nella sua stessa realizzazione: nelle vite riuscite. Per questo la felicità, come dice Nietzsche, non risiede tanto nella sazietà, ma nella gloria della vittoria, per questo ha la forza di rinvenire perfino sopra e oltre il dolore. In questo senso essa è frutto di virtù. Non è perciò solo un mero transitare, un sentimento labile, ma è un bene stabile. Coincide, infatti, con la capacità di trasformare gli ostacoli in sfide, di generare a ogni momento il bene e di fruirne. La felicità è il sì incondizionato alla vita. Il volume contiene la "Lettera a Meneceo sulla felicità" di Epicuro.

 

"Comparatismi e filosofia", a cura di Maria Donzelli, Liguori, 2006.
3930L’attuale momento storico e politico marcato dall’allargamento dell’Europa, dai problemi dell’integrazione europea, dai conflitti presenti nel Mediterraneo e nel medio Oriente, dall’ormai inevitabile confronto quotidiano tra civiltà, religioni, culture diverse sembrano rinforzare la legittimità di varie forme di comparatismo, spingendoci quanto meno a riflettere su quella che può essere ormai definita una complessa strategia di ricerca: la comparazione.
Esiste attualmente una ragione profonda che ci spinge a riscoprire la strategia della comparazione nella ricerca; questa ragione rinvia a una realtà e a un’inquietudine che prende il nome di ‘mondializzazione’, un termine polisemantico dietro il quale si celano realtà culturali e politiche differenti e multiple, ma anche angosce e premonizioni di varia natura. In questo contesto il metodo comparativo può rivelarsi un modo di investigazione privilegiato per tutte quelle discipline che si interessano non solo allo studio ma anche alla trasformazione del mondo moderno.
La comparazione è un’attività fondamentale della mente umana: seleziona rendendo possibile l’apprendimento del nuovo e creando schemi di rappresentazione sempre in movimento. La varietà dell’approccio metodologico comparativo è infinita, ma l’individuazione del tipo di comparazione adottata dalle varie discipline è determinante per comprendere la portata, oltre che i limiti, dei molteplici studi comparatistici.
L’epistemologia della comparazione è dunque fondamentalmente dialettica: in virtù di essa la negazione del Sé in rapporto all’Altro è un percorso privilegiato che consente di pervenire alla conoscenza più perfetta di Sé, dell’Altro e della loro relazione, che viene creata nell’atto stesso della comparazione, promettendo possibili trasformazioni.

Saggi di:
Maria Donzelli (Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”), Giangiorgio Pasqualotto (Università di Padova), Mireille Delbraccio (CNRS-ENS – Parigi), Stefano Gensini (Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”), Michèle Gally (ENS – Lione), Andrea Pasquino (Università di Pescara), Michel Blay (CNRS-ENS – Parigi), Thierry Hoquet (Università di Montpellier), Zeineb Ben Saïd Cherni (Università di Tunisi), Valerio Panza (Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”), Carlo Saviani (Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”), Raquel Bouso Garcia (Università di Barcellona), Mauro Bergonzi (Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”).
Maria Donzelli
Già professore associato di Storia della filosofia moderna e contemporanea all’Università di Salerno, insegna attualmente Storia della filosofia moderna all’Istituto Universitario Orientale di Napoli. Ha studiato G. B. Vico e la cultura napoletana del XVIII secolo pubblicando una monografia su Natura e humanitas nel giovane Vico (1970), il primo Contributo alla bibliografia vichiana (1948-1970) (1973) dopo quella di B. Croce e F. Nicolini, e numerosi saggi su temi settecenteschi in riviste italiane ed europee. Da alcuni anni lavora sulla filosofia dell’Ottocento europeo con particolare riferimento al rapporto tra l’Italia e la Francia. Ha organizzato e partecipato a diversi Convegni nazionali e internazionali, e per alcuni ha curato anche gli Atti (Figure dell’individualità nella Francia tra Otto e Novecento, 1993; Folla e politica, 1995). Numerosi i suoi contributi sul rapporto tra scienze e filosofia nell’Ottocento europeo in volumi collettanei, Atti di Convegni, saggi e articoli in riviste nazionali e internazionali. Ha tenuto corsi e seminari all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, all’Università di Digione e a quella di Paris 1-Sorbonne nell’ambito di svariati accordi internazionali.  

 

Figure di pensiero. Opere e simboli nelle culture d'Oriente, Pasqualotto Gian-giorgio, Marsilio, 2007.

figure_di_pensieroCi sono immagini delle grandi civiltà orientali che condensano quantità e qualità di significati tali da risultare emblematiche di intere espressioni artistiche. L'intento del libro è triplice: verificare come tali immagini intendano tutte rappresentare un medesimo pensiero; constatare come, a partire dalle "figure di pensiero" elaborate in ambito indiano per finire con quelle del Buddhismo zen, si siano prodotte figure sempre più essenziali; sostenere come ciò sia stato determinante per la realizzazione di una straordinaria gamma di opere d'arte il cui tragitto ideale va dall'estrema complessità del tempio di Borobudur all'estrema "povertà" dei cerchi vuoti tracciati da alcuni Maestri della tradizione zen.

 

“East & West. Identità e dialogo interculturale”, Giangiorgio Pasqualotto, Marsi-lio, 2003.

east__westQuando culture filosofiche d'Occidente hanno incontrato pensieri d'Oriente, hanno assunto, in generale, due diversi atteggiamenti: o uno sguardo troppo distaccato, interessato solo a rivendicare le proprie superiorità; oppure uno sguardo troppo innamorato, interessato soprattutto ad esaltare le superiorità altrui. In East & West non si prende a modello nessuno di questi atteggiamenti, consapevoli che entrambi possono condurre alla distruzione di identità: quello "eurocentrico" rischiando di imporre nuove forme di colonialismo alle culture d'Oriente, quello "esotico" condannando senza riserve le culture dell'Occidente moderno. Un testo che da nuovi spunti di riflessione per un cambiamento dell’incontro e sull’integrazione di culture (v. Tra Oriente e Occidente). 

 

"Estetica del vuoto. Arte e meditazione nelle culture d'Oriente", Giangiorgio Pasqualotto, Marsilio, 2004.

pasqualotto-g_vuoto0L'Occidente rimane spesso sconcertato di fronte alle forme prodotte dalle arti tradizionali di Cina e Giappone. La ricerca di Giangiorgio Pasqualotto intende superare questa sorta di smarrimento delineando l'esperienza del vuoto come fonte primaria di alcune fondamentali forme d'arte che hanno reso celebri e del tutto originali quelle tradizioni: la cerimonia del tè, la pittura ad inchiostro, la poesia haiku, l'ikebana, l'arte dei giardini secchi, il teatro no. Andando alle radici dell'esperienza del vuoto si scopre che essa emerge, ancora prima che da riflessioni teoriche, da una pratica di meditazione che può realizzare condizioni di vuoto produttivo nella mente, nel cuore e nel corpo non solo dell'artista ma anche di chi ne apprezza le opere. 

 

 

"Coscienza immaginaria Diventiamo ciò che immaginiamo", Fortini Nirodh, Il Segno dei Gabrielli, 2007.

coscienza_immaginariaRicerca spirituale e meditazione, secondo forme in cui si incontrano la tradizione indiana e quella occidentale, anche di derivazione cristiana, sono ormai realtà diffuse: gruppi, singoli, in un contesto di fede o semplicemente di crescita umana, utilizzando gli strumenti offerti dalle tradizioni per arrcicchire il proprio cammino. Il testo di Nirodh Fortini offre una nuova opportunità a quanti sono già in questo percorso: apre una finestra su un mondo per certi versi sconosciuto che amplifica l'esperienza compiuta tramite la meditazione. Affronta i temi essenziali dell'esistere, espone in vari gradi forme e possibilità della coscienza quale motore principe dell'uomo. Esamina l'orizzonte nuovo che si schiude alla mente non-mente e rivaluta il sogno, inteso come potenzialità e seduzione dell'immaginario. «L'uomo ha bisogno per il suo equilibrio - Nirodh lo chiama armonia - di questa percezione extrasensoriale che lo catapulta tra gli astri, la mano ad impigliarsi nella chioma di qualche cerula cometa. È il suo mondo in fondo, egli sa di appartenere a un cosmo di cui è forse una stella».

 

"L'indifferenza", Adriano Zamperini, Einaudi 2007

tornaimmagineLa nostra società appare ai piú popolata di passanti distratti e noncuranti, affetti dall'indifferenza dell'uomo verso l'uomo, dotati di una moralità precaria e asservita all'interesse personale. Lasciando dietro di sé la visione dell'indifferenza come malattia psicologica, il libro devia dagli usuali sentieri d'indagine per risalire alle spalle dell'indifferenza. In particolare, attraverso un'approfondita ricognizione nel mondo dei sentimenti, analizza la disciplina socio-normativa delle emozioni come produttore di indifferenza. Una prospettiva da cui emerge il ruolo della dissidenza emozionale come forma di trasgressione rispetto all'imperativo dell'indifferenza. Lungi dall'essere una mera trattazione teorica - ricco è infatti il riferimento a film, romanzi, episodi di cronaca, eventi culturali -, il saggio è impreziosito da storie di vita: le peripezie e i drammi di un peacekeeper durante una missione umanitaria, l'angoscia e l'impotenza di un infermiere durante il G8 a Genova...

 

"Non avere paura! Affronta e vinci il nemico che c'è in te", Huber Cheri, Oscar Mondadori, 2007. 

non_avere_paura«La paura è l'inseguito, non l'inseguitore. La paura è la preda che dovete furtivamente avvicinare, affrontare e smascherare, per scoprire che tutto quello che vi separa da voi stessi è un'illusione.
La paura non è quel che pensate che sia. La paura non è quello che siete al di sotto della facciata. La paura non è il vostro vero io. La paura è un segnale utilissimo lungo il sentiero verso la libertà. Più forte è la paura, più vicini siete a quello che state cercando. Se volete essere liberi, la paura vi fa sapere che siete sul sentiero giusto, è un segnale per proseguire nella stessa direzione, per allungare il passo.» Cheri Huber, dopo aver affrontato nei due libri precedenti il tema della depressione e dell'autostima, si dedica in questo terzo volume al sentimento della paura. La buona notizia è che la paura, anziché un mostro terrificante che paralizza ogni nostra azione, può essere una guida e un'amica. Infatti, quando troviamo la forza di affrontare a viso aperto i nostri timori più radicati, scopriamo che vivere felici liberando il nostro potenziale non è così difficile come ci appariva.

La paura non è poi quel mostro terribile. Può diventare un'amica, una guida. L'autrice afferma che se si riflette con consapevolezza e con mente sgombra da pregiudizi sulle proprie paure, ci si accorge che esse sono solo uno schermo della mente, un'illusione costruita per tenersi lontani da ciò che davvero si vuole e dalla piena realizzazione di se stessi. In questo libro Cheri Huber spiega come affrontare i propri timori con lo zen.

 

"Imparare a rilassarsi", Cungi Charly e Limousin Serge, Edises, 2007.

perc_rilassarsi_120Il rilassamento è uno stato fisico in cui l'individuo si sente sollevato dalle tensioni.
Raggiungere uno stato di rilassamento significa quindi essere in grado di controllare l'irritabilità, il nervosismo, l'ansia e vivere più serenamente.
Imparare a rilassarsi favorisce la concentrazione e le capacità di ragionare ed agire, ma, in modo più generale, migliora la qualità della vita.

Imparare a rilassarsi

Conoscere i propri bisogni

Creare il proprio percorso di rilassamento

Eliminare le tensioni

Gestire lo stress della vita quotidiana

Questa guida pratica fornisce una serie di tecniche semplici ed efficaci da mettere in pratica quotidianamente:

- tecniche di respirazione

- tecniche di rilassamento muscolare

- tecniche di concentrazione sulla percezione sensoriale

- tecniche basate sull'associazione di idee e di immagini

Sommario

Parte I - Comprendere e valutare

  1. Cos'è il rilassamento?
  2. Ho bisogno di rilassarmi?

Parte II - I Metodi

  1. I metodi respiratori
  2. I metodi di distensione muscolare
  3. I metodi di concetrazione sulle percezioni sensibili
  4. I metodi di rilassamento attraverso il pensiero e l'immaginazione

Parte III - Le Applicazioni Pratiche

  1. Come utilizzare il rilassamento
  2. Affrontare i problemi

Conclusione

 

"Nel regno dell'armonia", Jeffrey Moussaieff Masson, Tropea Ed. 2007.

nel_regno_dell_armoniaÈ possibile per gli uomini superare pregiudizi e reciproche ostilità e imparare a vivere pacificamente? Gli animali possono insegnare qualcosa in proposito? Jeffrey Moussaieff Masson racconta di un esperimento che, come lui dice, "ci tenevo molto a non fallire, anche perché gli interessi erano troppo alti, mi trovavo immerso nei segreti dell'umana armonia": allevare insieme animali di specie diverse, alcuni dei quali "nemici naturali", per portarli a socializzare e a convivere. Un cucciolo di cane, un gatto, due ratti, due galline e un coniglio si sono trovati a crescere fianco a fianco insieme alla famiglia dell'autore, che ha osservato sin dall'inizio tutte le dinamiche e gli ostacoli di questa convivenza. L'esperimento si potrebbe concludere in trionfo o in tragedia. Aggressività, timore, curiosità, indifferenza: le reazioni iniziali sono le più svariate, ma con il trascorrere del tempo le relazioni cominciano a cambiare, e le sorprese non si fanno attendere. Ma gli uomini, possono davvero cambiare nei loro rapporti interpersonali, come hanno dimostrato questi animali essere in grado di vivere in pace?

 

 

Dott. Bruno Bonandi - Studio privato in Longiano (FC) V.le Decio Raggi, 35 - Cell. 3397689267 - Tel. 0547665954
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