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Il Disagio Mentale - Rubrica dei sintomi e delle psicopatologie Stampa

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Come il medico può certamente dire che forse non esiste un solo uomo che sia completamente sano, così, se si conoscesse bene l'uomo, si dovrebbe dire che non vive un uomo solo il quale non sia alquanto disperato, non porti in sé un'inquietudine, un turbamento, una disarmonia, un'angoscia di qualche cosa che egli non conosce o che non osa ancora conoscere, un'angoscia della possibilità dell'esistenza o un'angoscia di se stesso.  Soren Kierchegaard

 

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Il cervello umano 

Brevi nozioni generali

 

Il cervello umano comprende da 10 a oltre 100 miliardi di neuroni (cellule nervose) e molte più cellule ausiliarie (glia, ecc.). neurone1I neuroni sono connessi tra loro da sinapsi. Ogni neurone ne ha circa 100.000. Le sinapsi sono i punti di congiunzione tra i neuroni, e contengono da un lato (neurone trasmettitore) dei canali attraverso cui passano le molecole dei neurotrasmettitori, dall'altro (neurone ricettore) delle strutture atte a riconoscere le molecole del neurone trasmettitore. I neuroni comunicano tra loro per mezzo dei neurotrasmettitori che sono molecole complesse: i più importanti sono la dopamina, la (nor)adrenalinalina, il GABA (acido gamma-amino-butirrico) e la serotonina. Queste sostanze agiscono anche come modulatori diffusi della funzionalità cerebrale.

Il cervello ha una struttura che rispecchia la sua filogenesi:

La formazione del cervello è regolata

Sia geneticamente:

    • Migrazione in situ delle cellule.
    • Mielinizzazione delle fibre di connessione (dai 3 mesi di vita sino a ~25 anni).

Sia dall'ambiente e dall'esperienza

    • sinapsi-1aSensibilizzazione e abituazione (gli studi sull'Aplysia mostrano che i cambiamenti sinaptici sono fondamentali).
    • Rinforzo o eliminazione delle connessioni (Legge di Hebb: cellule che si attivano insieme tendono a rinforzare le connessioni reciproche per modificazione delle sinapsi). cervello4

Non esistono punti specifici del cervello dove si trovano percezioni o pensieri; il riconoscimento avviene mediante il confronto di pattern di attivazione di reti neuronali.

I concetti forse si formano mediante la diffusione, anche a lunga distanza, di informazione sulla coerenza di attivazione di insiemi di neuroni.

I centri cerebrali sono connessi da circuiti rientranti, sia riflessi, sia reciproci (l'informazione è continuamente rielaborata).

 

 

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Lo sviluppo e la strutturazione del cervello, ed in particolare della corteccia, è modulato dall'esperienza.

Esistono periodi particolarmente favorevoli per questa regolazione (per es. il primo anno per la corteccia visiva, i primi due anni per i centri del linguaggio).

Anche gli aspetti comportamentali più complessi sono mediati da stati cerebrali (per es. gli effetti degli oppioidi endogeni sul comportamento di ricongiungimento madre-bambino).

 

Il sistema sensomotorio

 

 


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Il sistema sensomotorio è organizzato gerarchicamente (aree corticali primarie, aree secondarie, aree associative). Al livello "più alto" si trova la corteccia parietale posteriore, su cui convergono informazioni visive, somestesiche, uditive (coordinate spaziali). A livello "intermedio" sono la corteccia motoria supplementare (coordinamento di movimenti complessi) e quella premotoria (inibizione di movimenti riflessi e controllo dei programmi motori).

 

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Solo lesioni della corteccia motoria primaria (prerolandica) producono vere paralisi. Le lesioni alle aree motorie superiori producono aprassie e (se a destra) emianattenzione (non ci si accorge di quello che c'è a sinistra).

Le lesioni della corteccia parietale posteriore sinistra producono sintomi bilaterali; quella di destra, invece, aprassie, soprattutto di tipo "costruttivo".

Il cervelletto e i gangli della base sono importanti stazioni collaterali alla via motoria principale.

 

I tre strati del cervello

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Elaborato dal neurologo americano Paul MacLean, questo paradigma scientifico costituisce uno dei pilastri su cui si è sviluppata la medicina psicosomatica. Quando questa teoria, uscì dal ristretto ambito scientifico, per diffondersi nel corso degli anni Settanta tra gli intellettuali di tutto il mondo, esercitò un tale fascino da trasformarsi persino nella trama di un film che fece epoca: "Mon oncle d'Amerique" di Alain Resnais. Secondo il neurologo Paul MacLean, il nostro cervello è costituito da tre componenti distinte, ognuna delle quali rappresenta un momento evolutivo ben preciso della specie umana. Un po' comcolonnavertebralee_cerve succede in un sito archeologico o con gli strati geologici delle montagne, anche il nostro cervello sarebbe il risultato finale di tre sedimenti stratificatisi durante l'evoluzione:
cervellotrinofig_6bisses-itjpgl'archipallium o cervello primitivo, costituito dal cervelletto e dal bulbo spinale;
il paleopallium o cervello intermedio, costituito dal sistema limbico;
il neopallium o neocortex chiamato anche cervello superiore, costituito dagli emisferi cerebrali.
Il primo corrisponde al cervello rettile ed è sede degli istinti primari e di funzioni vitali come per esempio il controllo del ritmo cardiaco e respiratorio; il secondo corrisponde nella scala evolutiva al cervello dei mammiferi, specie di quelli più antichi ed è coinvolto nell'elaborazione delle emozioni; il terzo, più recente, è esclusivo dei primati ed è sede di tutte le funzioni cognitive e razionali.
Pur se perfettamente coordinate tra loro, queste tre aree sarebbero, secondo MacLean, indipendenti l'una dall'altra e in grado di dominarsi reciprocamente. L'idea, in sostanza, che la corteccia cerebrale dominasse e coordinasse l'intero funzionamento del cervello, veniva così a cadere. In altre parole, la teoria dei tre cervelli obbligava a riformulare tutte le ipotesi fino allora avanzate sull'elaborazione dei pensieri e sulle cause dei comportamenti nell'essere umano, ivi inclusa la malattia.  the3minds

Possiamo considerare il cervello come formato da tre strati che costituiscono tre gusci concentrici, i quali, partendo dal centro più interno, si sviluppano verso l'esterno: queste strutture, oltre a determinare funzioni via via più complesse e di livello più elevato, rappresentano anche la storia evolutiva delle specie animali più vicine all'uomo, l'albero filogenetico che dai cordati più primitivi (si tratta dei progenitori dei vertebrati caratterizzati per avere una struttura assile - la corda dorsale - paragonabile alla nostra colonna vertebrale) ha portato fino all'uomo.
Il cervello per così dire più antico, che condividiamo con i primitivi cordati, è la parte situata più in profondità, ed è la sede delle attività collegate con la pura sopravvivenza, come la fame, la sete, la riproduzione, cioè tutti quei comportamenti che vanno sotto il nome di 'schemi fissi d'azione'. Aree più recenti, il cosiddetto paleoencefalo, sono caratteristiche dei rettili e dei mammiferi più primitivi: tali aree sovrintendono ai comportamenti legati all'affettività, quali, per esempio, la cura della prole. La struttura più importante del paleoencefalo è l'ipotalamo che controlla il sistema endocrino e permette di regolare e coordinare i bisogni alimentari, sessuali, la nostra emotività ecc.encefalo7
La parte più evoluta del nostro cervello è il neoencefalo, la corteccia cerebrale, che costituisce il guscio più esterno e la sede delle funzioni più sofisticate dell'uomo: l'intelligenza, la memoria e più in generale la coscienza. Scrivono Alberto e Anna Oliverio: "Perciò possiamo anche paragonare il paleoencefalo ad un cavallo focoso che può slanciarsi emotivamente verso il cibo o l'acqua o verso una giumenta che lo attrae senza lasciarsi inibire dai controlli del suo cavaliere: ed il neoencefalo possiamo definirlo come un cavaliere, freddo e razionale, che tira le briglia del cavallo focoso e gli ordina di mangiare o di trattenere la fame, di accostarsi ad una giumenta o di trattenersi dai suoi slanci sessuali" (Alberto e Anna Oliverio, "Maschio/Femmina. Biologia, psicologia, sociologia nel comportamento sessuale", Zanichelli, Bologna, 1978, p.35). 

mani2rOsservando le funzioni della mano dell'uomo, una delle strutture meglio riuscite di evoluzione di una parte del nostro corpo, ci rendiamo conto che la mano si può considerare come un'estensione del cervello per le sue sofisticate e precise funzioni, ma - nello stesso tempo - ci appare evidente la strettissima parentela anatomica e funzionale che essa ha con l'arto anteriore di qualsiasi vertebrato.
Se poi proviamo a paragonare il nostro comportamento umano con quelli degli animali non umani, ci accorgiamo di condividere con essi molte caratteristiche importanti dal punto di vista qualitativo: l'amore e la cura per la prole, alcuni tipi di altruismo, certe forme di corteggiamento e tante altre analogie ancora.
Sappiamo anche però che alcune facoltà mentali che chiamiamo linguaggio, capacità di astrazione, intelligenza, ci appartengono in modo del tutto esclusivo.

 

 

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ψ Nel voler mostrare l'immagine dell'elaborazione di uno stimolo esterno da parte del nostro Sistema Nervoso composto dai vari sensi e dai vari passaggi di trasformazione dell'input (messaggio), vorrei rimarcare innanzitutto la complessità che comporta l'elaborazione di uno stimolo esterno, ed in secondo luogo, quanto la realtà di ognuno di noi possa risultare soggettiva proprio perché, pur essendo un meccanismo comune ad ogni essere umano, tutti i vari passaggi che implicano la trasformazione del segnale originariamente in prevalenza meccanico degli organi di senso, passi attraverso una traduzione da parte del nostro organismo in segnale elettrico e poi ancora in chimico (la secrezione degli ormoni o dei neurotrasmettitori nel cervello) che implica che ad ogni passaggio interviene (pur essendo il meccanismo comune a tutti) quello specifico organo di quel particolare soggetto unico e irripetibile nella sua globale complessità. Non solo quindi va considerata la differenza individuale di ogni organo di senso (in base alla predisposizione di ognuno, e anche alla differenza di genere) dovuta ad una forma di prevalenza che ogni individuo sviluppa più o meno consapevolmente anche in senso ontogenetico e culturale (nell'antichità ad es. era l'udito il senso prediletto, perché tutto si trasmetteva per via orale, ancor prima era l'olfatto perché permetteva la caccia e la sopravvivenza, oggi è la vista - l'immagine è la favorita), ma quanto l'elaborazione dello stimolo che si conclude nel cervello, possa proprio dipendere dalla storia di ognuno, dal suo vissuto unico e irripetibile. Se c'è un senso oggettivo che permette la comunicazione fra esseri umani, va comunque sottolineato che la realtà prevalentemente è e rimane una visione soggettiva delle cose e delle esperienze, anche se indubbiamente condizionata ed influenzata socialmente. 

Insomma, i vari passaggi di elaborazione dello stimolo, sono ogni volta tradotti in un linguaggio diverso e poi rielaborati ad ogni passaggio dal nostro organismo. Quando arrivano allo stadio finale di elaborazione possono venire da ognuno rielaborati in modo del tutto diverso (questo fa la differenza). La Psicoanalisi con gli studi sulla testimonianza di Musatti già più di 50 anni fa, aveva evidenziato nella testimonianza di uno stesso evento, la diversità, neppure minimale, di ogni racconto da parte dei vari testimoni, dello stesso evento. Pirandello in una delle sue opere più famose cita così:

 

"Ma il guaio è che voi, caro mio, non saprete mai come si traduca in me quello che voi mi dite. Non avete parlato turco, no. Abbiamo usato, io e voi, la stessa lingua, le stesse parole. Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sè, sono vuote? Vuote, caro mio. E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele; e io, nell'accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio. Abbiamo creduto d'intenderci; non ci siamo intesi affatto." Luigi Pirandello da "Uno nessuno e centomila".

 

... e sul concetto di oggettivo vs soggettivo non possiamo esimerci di rimandare il paziente lettore al principio di indeterminazione di Heisemberg:

con Heisemberg "L'incertezza da principio scientifico diventa metafora: stimola le meditazioni che si susseguiranno per tutto il corso del Novecento, quando ormai diverrà proibito paragonare la scienza a un cannocchiale regolabile, perché lo scienziato è al tempo stesso osservatore e oggetto osservato.
Un 'conflitto d'interesse', un imbarazzo che da quel momento impedirà di pensare all'uomo e alla natura come entità separate. E la retorica, secondo l'autore, si è appropriata indebitamente di questi elementi, marciando sul fascino di una legge scientifica che afferma "L'impossibilità di stabilire la pura verità delle cose."
Da allora in poi "I giornalisti ammettono che le loro opinioni influenzano le storie che riferiscono [...] Gli antropologi si dolgono del fatto che la loro presenza disturba il comportamento delle culture che esaminano".
Insomma, l'osservatore cambia l'oggetto della sua osservazione, qualunque osservatore e qualunque oggetto siano (leggi anche "Il mio orecchio è diverso dal tuo".
La storia del Principio di indeterminazione, similmente a quella della relatività, è quindi paradigmatica delle dinamiche attorno alle rivoluzioni scientifiche ed epistemologiche. Sottolinea come una scoperta scientifica sia figlia, oltre che della tecnologia, anche del tempo e degli umori; viene alla luce in un contesto culturale e in questo si riflette, sgomita per affermarsi, produce cambiamenti.

tratto da: http://jekyll.sissa.it/index.php?document=871 

 

La realtà oggettiva è una costruzione sintetica riguardante un'ipotetica universalizzazione di una moltitudine di realtà soggettive

- Le formiche elettriche, P.K. Dick -

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La corteccia cerebrale e la frenologia

di Silvia Giannella

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Il primo tentativo di teorizzare l'esistenza di localizzazioni cerebrali fu effettuato nell'Ottocento da F. J. Gall, il fondatore della frenologia, la scienza che individua sulla superficie del cervello una specie di mappa con specifiche protuberanze - una specie di bernoccoli - che corrispondono a localizzazioni di funzioni psichiche, quali l'istinto alla violenza, l'arguzia, l'istinto della proprietà.

Quella di Gall fu una teoria molto seguita nell'Ottocento tanto da comparire in un racconto di H. de Balzac, "Papà Goriot", in cui troviamo il seguente scambio di battute:
"Mi fa sempre rabbrividire quel vecchio pipistrello", disse sottovoce Bianchon a Vautrin indicando la signorina Michonneau. "Io che studio il sistema di Gall, trovo che ha le bozze di Giuda" (H. de Balzac, "Papà Goriot", Garzanti, Milanobrain1, 1974, p. 47).
Questa teoria, per quanto sicuramente non del tutto adeguata, spianò la strada ad alcuni studiosi, quali P. Broca e C. Wernicke, che individuarono sulla corteccia cerebrale le sedi del linguaggio parlato e scritto. 
 Per chi volesse approfondire le tappe storiche che hanno caratterizzato lo studio del cervello dell'uomo, il riferimento più significativo è contenuto nell'articolo 'Le origini della Neurofisiologia' [in Storia della Scienza, vol. 5, pp. 458-676]: si tratta di un percorso storico diviso in due parti: la prima, a cura di G. Cimino, va dalla tradizione classica, medievale e rinascimentale fino alla neurofisiologia cartesiana; la seconda, curata da F.A. Meschini, si occupa delle ricerche sul sistema nervoso della seconda metà del Seicento.

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Oggi abbiamo molte più informazioni sulla corteccia cerebrale: sappiamo che essa è costituita da circa 10 miliardi di neuroni e diversi miliardi di sinapsi; inoltre è stato possibile costruire brain01una vera e propria mappa della corteccia, utilizzando gli studi effettuati su malati affetti da tumori o vittime di traumi o ictus. L'ictus è una lesione di parte dell'encefalo con morte delle cellule cerebrali, dovuta a interruzione dell'irrorazione sanguigna (trombosi) o a fuoriuscita di sangue attraverso la parete dei vasi encefalici (emorragia cerebrale).
Altri progressi nella conoscenza della corteccia si sono avuti con la sua stimolazione elettrica nel corso di interventi chirurgici.
A questo proposito può essere interessante leggere ciò che ci dice il grande neuropsichiatra e scrittore americano O. Sacks: "Poi, evidentemente convinto che la visita fosse finita, si guardò attorno alla ricerca del cappello. Allungò la mano e afferrò la testa di sua moglie, cercò di sollevarla, di calzarla in capo. Aveva scambiato la moglie per un cappello!" (da O. Sacks, "L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello", Afreno1delphi,1986, p. 29)
In questo racconto Sacks descrive un caso di agnosia - perdita, cioè, della capacità di riconoscere oggetti familiari - dovuta a una lesione delle parti visive del cervello.
Sulla superficie della corteccia, sia nell'emisfero destro sia in quello sinistro, sono state individuate specifiche aree funzionali: corteccia motoria, corteccia somatosensoriale, centri che ricevono informazioni relative alla vista, all'udito, al gusto e all'olfatto; a ciascuna di queste aree sensoriali è collegata un'area di associazione, ed è dalla cooperazione tra centri riceventi e relative aree di associazione che si produce la nostra percezione sensoriale. Esistono poi aree di associazione che sono la sede delle più sofisticate attività mentali, come per esempio l'area di associazione frontale che raccoglie le informazioni provenienti da molte altre aree del cervello e produce valutazioni, giudizi, progetti, insomma ciò che comunemente chiamiamo 'pensiero'.

brain3Un'altra interessante peculiarità del nostro cervello è rappresentata dalla diversità funzionale tra i due emisferi: infatti, mentre nell'emisfero sinistro si trovano i centri del linguaggio e, più in generale, le capacità logiche e matematiche, l'emisfero destro è sede dell'astrazione e delle capacità artistiche e musicali, insomma della creatività.
Il premio Nobel R. Sperry ha effettuato negli anni Sessanta del Novecento un gran numero di ricerche su individui con emisferi separati: si trattava di pazienti epilettici a cui veniva reciso il corpo calloso, cioè la struttura di collegamento tra i due emisferi. Ciò determinava un netto miglioramento delle condizioni di questi pazienti per ciò che riguardava l'epilessia; ma sottoponendo questi individui a semplici test essi si comportavano come se fossero due persone distinte. A seconda del tipo di stimolo veniva attivato l'uno o l'altro dei due emisferi e si osservavano perciò risposte diverse: se per esempio questi pazienti venivano bendati e si chiedeva loro di riconoscere al tatto una chiave e di usarla, questi sapevano usare la chiave se si trovavacervello11 nella mano sinistra, ma non riuscivano a darle un nome: ciò si spiega se si pensa che l'informazione proveniente dalla mano sinistra va all'emisfero destro, che è muto, in quanto il centro del linguaggio è situato nell'emisfero sinistro.
In realtà con il progredire degli studi sul cervello si è visto che esso possiede una forma di plasticità che gli permette di riorganizzare e ridistribuire le funzioni corticali: si è osservato, per esempio, che dopo l'amputazione di una parte del corpo, l'area corticale collegata a essa stabilisce connessioni nuove con altre parti del corpo. Insomma, il cervello non finisce di stupirci!


Il problema della mente


051006hutchison2Ma se, lasciati per un momento i complessi circuiti cerebrali visti fin qui, proviamo ad affrontare il problema del rapporto tra cervello e mente, ci rendiamo conto che le cose si complicano notevolmente. Come possiamo correlare la coscienza dell'uomo e il suo corpo? Quali sono le basi fisiche dei fenomeni mentali?
Il dibattito, ancora oggi attualissimo, ha visto, fin dai tempi più antichi, contrapporsi due posizioni distinte: quella materialista e quella dualista.
Cartesio, il filosofo francese del 1600, fu il principale sostenitore della posizione dualista: egli distingueva nettamente la materia propriamente detta (res extensa) dalla parte pensante (res cogitans). La fisiologia meccanicistica di Cartesio considera il corpo degli animali e quello dell'uomo come una macchina, il cui funzionamento dipende dal movimento coordinato di ingranaggi;23462808 tuttavia Cartesio ritiene che solo nell'uomo esista l'anima, cioè l'aspetto razionale che caratterizza l'essere umano e lo distingue dagli animali. Egli aveva ipotizzato anche una sede fisica dell'anima, la ghiandola pineale, una piccola ghiandola, che oggi chiamiamo epifisi, posta alla base del cervello: solo attraverso questa struttura potevano interagire lo spirito e la materia.
Alla teoria dualista si contrapponeva la posizione materialista del filosofo inglese Hobbes, secondo cui il cervello è sì una macchina molto complessa, ma è pur sempre una macchina, il cui funzionamento ha basi esclusivamente di tipo fisico.
brain7Il dibattito tra i sostenitori delle due teorie è attivo ancora oggi e si articola in una serie di posizioni teoriche diverse che coinvolgono in un lavoro comune studiosi di varie discipline: la filosofia, la psicologia, la neurobiologia, l'informatica e altre ancora. Si tratta di un insieme di menti umane afferenti a vari campi di ricerca, che tentano di dare risposte a quesiti del tipo: come è organizzata la mente umana? Esiste un limite alla conoscenza? Cos'è e come funziona l'intelligenza? Che cos'è la coscienza del sé?
Tentiamo di dare qualche nota sintetica - basandoci sul pregevole articolo Il problema mente-cervello di P.M.Churchland e di P.S Churchland (in Frontiere della vita, vol 3, pp. 3strategy103-322)- su alcune delle principali linee di pensiero relative a questi temi, riferendoci ad alcuni dei più importanti studiosi che si sono occupati più o meno recentemente dei problemi della mente.
La teoria che si può considerare derivata dal dualismo cartesiano è il dualismo interazionistico del filosofo K. Popper e del neurofisiologo australiano J.C. Eccles, (vedi a questo proposito le voci 'Mente' di J.C.Eccles, (in Enciclopedia del Novecento, vol 4, pp.91-102 e vol 8, pp. 704-713) secondo i quali i fenomeni mentali derivano dall'interazione tra linguaggio e relazioni sociali, da una parte, e cervello e attività cerebrali dall'altra, il tutto mediato dall'apprendimento.
Per quanto riguarda l'altro versante teorico, quello delle teorie che afferiscono a una incervello5terpretazione monistica e che possiamo considerare derivate dalla visione materialista di Hobbes, il panorama si presenta molto più articolato e complesso. Secondo il materialismo riduzionista esistono basi esclusivamente di tipo materiale dei fenomeni mentali che semplicemente ancora non conosciamo; via via che procederanno gli studi sul sistema nervoso sarà possibile dare spiegazioni specifiche a tali fenomeni.
Per il funzionalismo, a cui è collegata la psicologia cognitivista, nonché gli studi sull'intelligenza artificiale (H. Putnam, J.A. Fedor, D.C. Dennet), è necessario prescindere dalle basi materiali della mente - i circuiti cerebrali - e dedicarsi a studiare le funzioni prodotte dalla mente; l'analogia maggiormente utilizzata dai funzionalisti è quella di paragonare il cervello umano al computer, di cui human_brain140possiamo tralasciare i circuiti materiali per occuparci esclusivamente del programma in uso. Allo stesso modo per conoscere il funzionamento della mente dobbiamo studiare solo le modalità con cui il cervello elabora le informazioni, trascurando l'aspetto neurofisiologico su cui si basano le funzioni stesse. L'esemplificazione, spesso utilizzata per chiarire questi concetti, è che la mente sta al corpo come il software sta all'hardware.
Secondo il darwinismo neuronale di G.M. Edelman, il cervello, nel corso del suo sviluppo, va incontro a una serie di modificazioni; la 'teoria della selezione di gruppi di neuroni' ipotizza l'esistenza di un patrimonio genetico individuale il quale, entrando in relazione con l'ambiente esterno, va incontro ad autocorrezioni dovute a specifiche selezioni dei neuroni.
Un altro interessante filone di ricerca su queste tematiche è rappresentato da A.R. Damasio che introduce il ruolo determinante delle emozioni nelle funzioni della mente. A questo proposito si può leggere il saggio di Damasio, Emozione, processo decisionale ed etica (in Frontiere della vita, vol. 3, pp. 231-239).
mri_brainPer concludere questo 'percorso che ha appena sfiorato alcune delle tematiche più significative degli studi sul cervello-mente, vorrei citare la metafora della stele-cervello proposta dal neurobiologo P.Calissano: "Di fronte a questi problemi il neurobiologo è un po' come il primo archeologo al cospetto della stele di Rosetta. [.] In questa stele era infatti inciso lo stesso testo in tre alfabeti e due lingue: greco, demotico (che era la versione in corsivo della lingua egizia) e geroglifico. Grazie alla precedente conoscenza del demotico e del greco fu possibile decrittare i simboli della terza lingua espressa, appunto, in geroglifici" (P. Calissano, "Neuroni. Mente ed evoluzione", Garzanti, Milano, 1992, p. 247)
Per quanto riguarda il cervello-mente, conosciamo già le prime due lingue: le modalità di natura elettrica e chimica con cui comunicano i neuroni tra loro e con tutto l'organismo e le reti nervose che connettono ed elaborano le informazioni.
Rimane da conoscere la terza lingua ancora ignota: quella dei geroglifici della mente.

 

 

Teoria computazionale della mente


di Gabriele Lolli

 

La mente come oggetto di studio autonomo

 

brain90"La nostra specie [ha] il dono esclusivo della previsione - prodotto della realtà virtuale simulata che chiamiamo immaginazione - e può pianificare il contrario dello spreco [che caratterizza la selezione naturale]" (R. Dawkins, A Devil's Chaplain, London, Weidenfeld and Nicolson, 2003, p.11).
L'insieme dei fenomeni che accompagnano la capacità di previsione, o ne dipendono o la favoriscono, come l'invenzione di soluzioni di problemi e il linguaggio, costituiscono la mente. Allo stato attuale tali manifestazioni umane non paiono essere spiegabili solo con l'analisi chimico-fisiologica del cervello.
Secondo gli studiosi della mente, che si ritrovano tra psicologi e filosofi, tale studio richiede strumenti e metodi diversi, e ha diritto a uno statuto autonomo. Le posizioni variano dall'assunzione cartesiana che esista una res cogitans diversa dalla res extensa alla semplice richiesta di un'autonomia metodologica, o come soluzione temporanea o per ragioni di principio.
Quali siano i possibili strumenti e metheaddepreeeodi dello studio della mente, al di là dell'introspezione o degli studi antropologici indiretti, è decisione che cambia con i tempi e i climi culturali, ed è oggetto di un continuo dibattito. La filosofia della mente è prevalentemente una discussione di questo problema.
Nella seconda metà del secolo Ventesimo una svolta importante si è realizzata grazie a due avvenimenti, lo sviluppo della linguistica formale e la nascita della scienza dei calcolatori. La prima ha mostrato che solo modelli astratti potevano rendere conto delle caratteristiche fondamentali del linguaggio, come la produttività. La seconda ha suggerito il quadro teorico del funzionalismo, che ha fornito un complesso di metafore e modelli per lungo tempo dominante.


Il funzionalismo


artificial_intelligence7Nel chiedersi come costruire le macchine dalle risposte difficilmente distinguibili da quelle umane (il cosiddetto gioco dell'imitazione), Alan Turing aveva osservato che la scelta dei calcolatori elettronici non è restrittiva, come non lo è l'uso dell'elettricità rispetto alla meccanica o alla chimica o all'acustica, tutte disponibilità scientifiche di fatto applicate nelle macchine. Per questi vari calcolatori, "se vogliamo trovare similarità dovremmo guardare piuttosto alle analogie matematiche di funzione" (A. Turing, Computing Machinery and Intelligence, in "Mind", 59, 1950, ora in D. C. Ince [a cura di], Mechanical Intelligence, p. 139; la traduzione italiana è in A. M. Turing, "Intelligenza Meccanica", Torino, Bollati Boringhieri, 1994, pp. 121-57).
Il suggerimento, trasportato ai fondamenti delle scienze cognitive, è diventato il funzionalismo alla Turing. "Secondo il funzionalismo il comportamento di una macchina calcolatrice non è spiegato dalla fisica o dalla chimica della macchina: è spiegato dal programma della macchina. Naturalmente il programma è realizzato in una particolare fisica o chimica e potrebbe, forse, essere dedotto da quella fisica o chimica. Ma ciò non fa del programma una proprietà fisica o chimica della macchina: esso è una proprietà astratta della macchina" (H. Putnam, Minds and Machines, in "Mind Language and Reality", Cambridge UK, Cambridge Univ. Press, 1975).
Il funzionalismo asserisce una corrispondenza analogica tra la relazione che sussiste tra gli stati del cervello e gli stati mentali, e la relazione che sussiste tra gli stati strutturali di una macchina e gli stati della macchina di Turing, di cui quella macchina fisica è una realizzazione (la formula 'la mente sta al cervello come il software sta all'hardware' è unareunion20carbide banalizzazione neanche fedele).
L'analogia doveva avere la funzione di negare il materialismo senza cadere nel dualismo cartesiano. Il materialismo (in filosofia della mente) presuppone un'identificazione di 'stati fisici' e 'stati mentali', o di tipi di stati fisici e tipi di stati mentali, senza poter indicare esplicitamente la corrispondenza.
Con l'adozione del funzionalismo, gli stati mentali verrebbero ora descritti e studiati nel linguaggio delle macchine di Turing invece che in quelli della psicologia del senso comune, popolata di credenze, sentimenti, passioni: il linguaggio delle macchine di Turing è fisico, ma solo in forma metaforica, di fatto è un linguaggio matematico, funzionale. Non ci sarebbe bisogno così di nessuna ipotesi sull'esistenza e sulla natura della mente, né di alcuna sua riduzione ad altra sostanza.


L'Intelligenza Artificiale


art2Per procedere verso una fondazione di una teoria computazionale della mente, occorrono tuttavia due condizioni, oltre alla premessa che la mente sia una macchina di Turing universale. La prima è che le competenze e le capacità manifestate dalla mente si esprimano nella forma di esecuzione di algoritmi. Nella misura in cui questo è vero si ha il successo più o meno spinto dell'Intelligenza Artificiale. La seconda condizione è che "la struttura funzionale di un programma [possa] essere descritta in un modo astratto che è indipendente da ogni particolare descrizione di un hardware fisico" (D. C. Dennett, Brainstorms, Cambridge Mass., MIT Press, 1978, p. xvi). Riferita al cervello, la tesi comporta che - anche se le radici di una qualunque capacità si trovano nel cervello - non occorre studiare il funzionamento del cervello per capire come esso produca, ed eventualmente riprodurne, il comportamento algoritmico.artif_int
Ma con lo sviluppo di queste implicazioni, il funzionalismo mostra la corda come garante dell'autonomia della mente.
La struttura funzionale di un programma si riferisce al modo come il programma organizza il calcolo della funzione, e questa non è indifferente all'architettura dell'interprete. Zenon Pylyshyn riconosce che bisogna individuare una macchina virtuale che fissi l'architettura funzionale della macchina, e in riferimento a questa confrontare gli algoritmi (Z.W. Pylyshyn, Computation and Cognition, Cambridge Mass., MIT Press, 1984, p. 92). Non tutte le macchine di Turing universali sono equivalenti, se non per il fatto di essere universali; per esempio non tutte calcolano allo stesso modo, secondo le stesse strategie. Non è ragionevole che la specificazione di questa macchina-interprete possa prescindere dallo studio del cervello, anche se essa non richiede una descrizione in termini fisiologici.


L'integrazione fra mente e cervello


menteUna seconda difficoltà rispetto alla separazione tra software e hardware è rappresentata da due fenomeni simmetrici. In campo fisiologico, è quello del riconoscimento di predisposizioni innate, ovvero di gruppi di neuroni geneticamente programmati ad attivarsi e a svolgere compiti intelligenti in luogo dell'esecuzione di possibili algoritmi espliciti. Un esempio di tali predisposizioni, o gruppi di neuroni, è il cosiddetto accumulatore, o modulo aritmetico, per la valutazione di piccole cardinalità e operazioni elementari su di esse. In campo tecnologico, per alcune prestazioni intelligenti si è rivelato essenziale disporre di macchine con programmi hardwired per determinate, pesanti analisi di base, coordinati con programmi di strategia appositamente scritti (come nella macchina Deep Blue che ha sconfitto Kasparov, si veda F.-H. Hsu, Behind Deep Blue, Princeton, Princeton Univ. Press, 2002).ai
Esistono dunque forme di collaborazione o integrazione, e qualche volta interferenza, tra circuiti neuronali ereditati o hardwired e gli algoritmi che esprimono competenze acquisite. Ed esiste la necessità di capire e sfruttare nell'educazione il possibile coordinamento di queste due dimensioni.
La matematica è un ricco campo di esempi di problemi del genere. Quando si esamina l'attività neuronale nel corso dell'esecuzione di un compito matematico, si vede che essa è diffusa, e il comportamento collettivo dei vari circuiti presenta l'apparenza di una supervisione coordinata delle varie attività del cervello. Al coordinamento è preposta soprattutto la parte frontale, con la corteccia prefrontale e la corteccia anteriore cingolata. Lesioni in quest'area non impediscono l'esecuzione di semplici operazioni aritmetiche, ma l'esecuzione di una serie nell'ordine giusto, per esempio fare la moltiplicazione a più cifre.
Quest'area naturalmente è quella specifica degli esseri umani; la nostra specie è proprio caratterizzata da una crescita delle parti frontali del cervello di cui ora ne costituiscono un terzo; ha una lenta maturazione, che spiega molte difficoltà mai prese in considerazione nell'insegnamento dei piccoli.
cervelloSe l'accumulatore si può pensare che sia da tempo una dotazione fissa del cervello, la parte dedicata alla manipolazione simbolica, che è recentissima nella nostra civiltà, non può aver occupato stabilmente ed ereditariamente una zona sua particolare. Quindi deve per forza invadere circuiti che sarebbero dedicati ad altro o che comunque sono dedicati ad altro, in persone che non fanno matematica.
Probabilmente l'apprendimento non attiva circuiti radicalmente nuovi, ma sceglie, raffina e specializza circuiti preesistenti finché la loro funzione si differenzia da quella originaria. Così come regioni genericamente dedicate al riconoscimento di volti o di oggetti diventano specializzate - per esempio nella lettura, quanwrcmlogodo si impara a leggere -, altre ancora più specifiche diventano dedite alla lettura delle cifre e di numeri.
A parte l'uso intenso, poco si sa su come favorire l'adattamento o riconversione plastica dei circuiti opportuni nell'apprendimento di nuovi procedimenti e concetti. Per quel che riguarda il coordinamento, si contrappongono visioni più contenutistiche (che per esempio comprenda qualche regola logica elementare come il modus ponens), e altre che gli assegnano solo il ruolo di un a priori formale.
Siamo ancora lontani da scoperte operative in campo pedagogico, ma si è forse trovata una produttiva impostazione di ricerca.

 

La coscienza

 

Secondo Llinas la coscienza non è una funzione localizzata:

    • brainaj7Gli esperimenti di Libet mostrano che l'inizio di un'azione ne precede la consapevolezza.
    • La sincronizzazione (attività elettrica cerebrale alla frequenza di 40 Hz) di zone cerebrali anche distanti sembra permettere l'unificazione di modalità differenti di percezione, categorizzazioni, ecc.
    • Il talamo si divide in una porzione specifica ed in una aspecifica (nucleo intralaminare); le due porzioni sono collegate con il n. reticolare talamico, e la loro azione coordinata sarebbe alla base della consapevolezza.
    • La coscienza viene "risvegliata" dalla discrepanza tra le attese del sistema cerebrale ed il mondo esterno.

Secondo Edelman e Tononi la coscienza si fonda su alcune proprietà importanti della fisiologia del cervello:

    • La selezione dei gruppi neuronali.
    • La loro differenziazione.
    • Il rientro dell'informazione tra i gruppi neuronali.
    • L'assenza di una coordinazione centrale.
    • E' inoltre fondamentale la distinzione tra "coscienza primaria" (associazione della percezione attuale con la memoria di associazione valore-categoria) e coscienza auto-riflessiva, elaborata linguisticamente.

Hobson sottolinea la prevalenza del sistema aminergico nello stato di veglia, e di quello colinergico in quello di sonno REM (da Rapid Eye Movements è una fase del sonno in cui si possono osserv1871097are dei movimento oculari caratteristici; è la fase in cui soprattutto si sogna). 

Nello stato di veglia sono attivate le zone corticali connesse con l'acquisizione e l'elaborazione di nuove informazioni ambientali.

Nel sonno REM prevalgono i circuiti colinergici pontini e limbici (l'orientamento e la memoria sono ridotti).

 

Coincidenze fortuite e ritmo della vita e dell'Universo

 

icrazy_mind_explosionSe le cose non vanno bene, la tua storia personale non è sincronizzata con la storia del mondo al quale appartieni. Che è diverso da quando capitano quelle “coincidenze fortuite”. Noi Siamo l’Universo e l’Universo è Dentro di Noi. Difficile concepirlo con la mente razionale! Impossibile percepirlo con gli occhi! In effetti, vediamo, o meglio percepiamo solo una minima parte della realtà in cui siamo immersi. Noi viviamo la nostra vita quotidiana senza comprendere quasi nulla del mondo! (Carlo Sagan - astrofisico). Ed eccoci con i piedi per terra, è il caso di dirlo, perché una forza invisibile, la gravità, ci impedisce di volare via. Le insondabili profondità dell’inconscio ci sfuggono, l’infinita vastità dello spazio ci sfugge. Milioni di pensieri sfrecciano come meteore dentro di noi: luminosi, limpidi, leggeri, e poi fastidiosi come tempeste di sabbia, cupi e dannosi come nubi di smog. I ricordi si depositano, si sedimentano, si stratificanlisteningpanel1o, tornano a galla. Miliardi di cellule lavorano incessantemente in un’armonia di inimmaginabile complessità. Solo per fare funzionare i polmoni ne servono 300 milioni. In questo preciso instante alcune migliaia di cellule del tuo corpo sono appena morte; altre nascono, mentre il cuore pulsa decine di migliaia di volte in un giorno. Tutti gli organi lavorano in incredibile armonia; il cibo si modifica e “rinasce” dentro di noi sotto forma di nutrimento; una miriade di pensieri e ricordi, immagini ed emozioni latenti turbina da qualche parte del nostro io.
Nella regione dell’invisibile le emozioni creano tempeste, terremoti, inondazioni, albe radiose. A volte siamo un tramonto languido, un cielo terso e maestoso, una nebbia malinconica. A volte dentro di noi cala la notte. Ci sentiamo vasti come un panorama montano o angusti come un cunicolo cieco. Leggeri come una brezza o pesanti come una stella di neutroni, con i suoi 10 milioni di tonnellate per centimetro cubo. Un’ora può essere eterna; un anno può andarsene in un lampo. L’angoscia dilata il presente, la speranza ci proietta nel futuro. I nostri occhi manipulationpossono vedere il passato: il sole è già tramontato da qualche minuto quando lo vediamo scomparire all’orizzonte. E il tempo è relativo: può essere percepito in modo diverso ma può scorrere in modi differenti secondo le situazioni, come ha spiegato Einstein! Miliardi di vite si intrecciano dentro e fuori di noi, attraversate da energie invisibili. Una pietra è fatta di atomi. La composizione chimica è la stessa: siamo fatti di carbonio, idrogeno, ossigeno… come un fiore, un granello di polvere, un pianeta.
Siamo pezzi di stelle che contemplano le stelle!
Tutto questo in un semplice ammasso di carbonio, ossigeno, idrogeno, che sono gli elementi base del nostro corpo, elementi comuni in tutto l’Universo. Gli stessi di un pianeta o di un albero. Un individuo che pesa 70 chili è composto approssimativamente di 44 chili di ossigeno, 13 di carbonio, 6 di idrogeno, 3 di azoto, e poi manciate di potassio, calcio, fosforo, zolfo, ferro, fino a 0, 007 grammi di oro. Non c’è alcuna differenza fra il ferro presente nel nostro sangue e quello di una pentola. L’unità psychology2più piccola, la Cellula, è costituita da atomi (o ioni), a sua volta costituiti da particelle (neutroni, protoni, elettroni), a loro volta composte da particelle ancora più piccole (quark, neutrini, gluconi ecc…), questi sono formati da buchi neri e buchi bianchi, ciascuna con una carica positiva e negativa e poi… c’è il vuoto!!!
All’origine di questa meraviglia, di questo ritmo armonioso, c’è la Forza Vitale Universale!
Diceva Siddharta: “Infiniti significati derivano da un’unica Legge”. La Legge Della Vita Nell’Universo!

 

 

Disagio mentale, malattia nascosta


Dieci milioni di italiani soffrono di disagio mentale, dalla depressione più lieve alle forme schizofreniche più gravi, ma 6 milioni rifuggono da qualsiasi terapia, spesso nell’indifferenza o nella complicità di familiari e amici vittime di ignoranza, pregiudizi e luoghi comuni. Molti sono giovani (la depressione colpisce il 10% degli adolescenti) o giovanissimi (si ammala il 3% dei bimbi tra i 6 e 12 anni). Le cifre sono state date nel corso del convegno ‘Il benessere mascherato’ organizzato a Milano dall'Unione nazionale medico scientifica di informazione (Unamsi). mind-2520puzzles
"Il prezzo da pagare per questo silenzio è immenso - ha spiegato Claudio Mencacci, primario di Psichiatria dell'ospedale Fatebenefratelli - e lo è sia dal punto di vista economico (un depresso perde tra le 4 e le 6 giornate lavorative ogni mese) sia dal punto di vista sanitario: è stato infatti dimostrato che la depressione aumenta di 3,5 volte la mortalità".
Mencacci ha sottolineato come il silenzio abbia conseguenze "disastrose", soprattutto nei giovani, “Il 20% dei ragazzi depressi non diagnosticati, quindi non trattati, utilizzano stupefacenti come l'hashish. Non solo, a cinque anni dai primi sintomi il 40% di chi soffre di disturbi bipolari non ha ancora ricevuto assistenza, e questi malati 'negati' finiscono per diventare cocainomani".
Spesso la ‘negazione’ in famiglia è frutto di una non comprensione dei sintomi. Per esempio, è stato ricordato al convegno, nel 65% dei casi, chi si sta ammalando di schizofrenia non manifesta delirio, aggressività o violenza, ma semplice tendenza all'isolamento che negli adolescenti può essere confusa con una banale crisi adolescenziale, privando così il medico della possibilità di intervenire in tempo.
“Ma perché una terapia sia davvero efficace”, ha avvertito Mencacci, "deve essere tempestiva, entro 10 settimane dalla comparsa dei primi sintomi". Solo così, infatti, abbinando farmaci e supporto psicologico è possibile evitare danni maggiori".
memory_mind1Secondo gli psichiatri occorre dunque sensibilizzare le famiglie attraverso campagne mirate. “Siamo uno dei pochi paesi a non averne mai avviata una", ha commentato lo psichiatra Ferdinando Pellegrino, consigliere della Società italiana di medicina psicosomatica, “mentre le cose da far capire alla gente sono almeno due. Innanzitutto che in un terzo dei casi le malattie mentali si potrebbero prevenire e gestire diffondendo comportamenti e stili di vita sani; e che in una società come quella attuale il malato mentale è tra noi, vive e lavora come noi".

 

LA SALUTE MENTALE


Dualisti, riduzionismi e. altri possibili orizzonti di ricerca
di Pietro Calissano 

 

Dobbiamo innanzitutto soffermarci ancora sul concetto di mente-cervello. Il rapporto tra la struttura anatomica del cervello, complessa e concreta, e le funzioni della mente, sofisticate e astratte, è oggetto di intense ricerche e speculazioni filosofiche da almeno quattro secoli. mindPerò soltanto nel Ventesimo secolo l'avanzamento delle conoscenze della fisiologia del cervello, delle proprietà biomolecolari dei neuroni, della localizzazione delle funzioni cognitive e dell'organizzazione concettuale della mente, hanno permesso prodigiosi progressi nella delucidazione del rapporto mente-cervello. Ciononostante alcune questioni di fondo, che rimandano ad altrettanti paradigmi interpretativi, sono rimaste le stesse: cervello e mente sono una cosa sola e tutto può essere fatto discendere direttamente dall'uno all'altra oppure si tratta di oggetti sostanzialmente autonomi?

 

 

Riduzioni e dualisti a confronto


Per più di duemila anni filosofi, scienziati e naturalisti hanno dibattuto con alterne fortune se la mente fosse una semplice espressione del cervello, alla stregua di una secrezione ghiandolare, oppure se essa fosse di natura 'immateriale', un qualcosa che aleggia nelle circonvoluzioni cerebrali senza esserne la diretta espressione. I sostenitori della prima ipotesi sono definiti riduzionisti o monisti, mentre quelli della seconda sono identificati come dualisti. Storicamente, tra i primi si annovera Democrito e tra ibrain8 secondi Cartesio; entrambi hanno avuto seguaci più o meno convinti che si sono scontrati fino al giorno d'oggi.
Tuttavia, alla luce delle conoscenze che si vanno approfondendo grazie agli studi di neurobiologia, di psicologia sperimentale e di scienze cognitive, sta emergendo che tanto i riduzionisti quanto i dualisti hanno posto il problema in termini impropri o troppo semplicistici.

 

I paradossi del dualismo


I dualisti, spesso sotto l'influenza di tradizioni culturali, hanno sostenuto a spada tratta l'ipotesi di un'attività mentale che prescinde da quelle leggi della fisica e della chimica che governano gli organismi viventi e tutte le loro funzioni, confondendo spesso il concetto di mente con quello di anima. Questa confusione, si badi bene, è ancora riscontrabile in molta letteratura corrente, nella quale s'ignora il paradosso derivante dal fatto che l'anima è per definizione imperitura - e per di più è il frutto di un atto di fede -, mentre le attività mentali (o il pensiero che ne è scienza_europauna componente fondamentale) s'interrompono per propria natura con il cessare delle attività cerebrali. In effetti la morte cerebrale, crudelmente certificata dalla scomparsa del pensiero cosciente, è ormai assunta come criterio di definitiva morte dell'essere umano. Paradossalmente, la scomparsa irreversibile del pensiero si verifica molto prima della definitiva cessazione delle funzioni di altri organi come il cuore, il rene e altre parti del corpo che rimangono in vita, al punto di poter essere trapiantati in altri organismi.
Dunque la concezione dualista presta il fianco a numerose obiezioni. Nessun neuroscienziato accetterebbe l'idea di un'attività mentale che prescinda in modo totale dalle funzioni che svolgono le cellule nervose (neuroni). Dovremmo, infatti, assumere che pensieri ed emozioni siano come un aristotelico 'omuncolo' ospite dell'organo cervello ma da questo completamente scissi e distinti? E come spiegare la possibilità di influire sulle loro manifestazioni con sostanze chimiche come farmaci e droghe, se dovessimo assumere che esse non derivano dall'attività neuronale?

 

I limiti del riduzionismo


Se, dunque, la stragrande maggioranza di coloro che si occupano di funzioni cerebrali (come il movimento di un arto, la percezione dei colori) e di processi mentali (quali pensiero, emozioni, memoria) concordano nell'unicità di sede di entrambi, in che cosa si differenziano, talvolta ancora con i toni della disputa ideologica, riduzionisti e dualisti? La posizione più drastica dei riduzionisti è che il ce667px-consciousness_phenomenal-functional_enrvello è come un potentissimo computer nel quale l'hardware è assimilabile ai grandi circuiti nervosi che si formano nel corso dello sviluppo del cervello. Questi circuiti si formano su istruzione dei geni e quindi sono propri e unici di ogni specie; per esempio, i circuiti nervosi che permettono all'uomo e solo a lui fra tutti i primati di elaborare la parte fonetica del linguaggio. Nel computer-cervello, secondo i riduzionisti, il software si formerebbe in base agli innumerevoli input sensoriali e culturali che provengono a ritmo incessante dal mondo esterno. Questi stimoli sono in grado di modificare e plasmare quelle parti dei macrocircuiti cerebrali che, essendo estremamente plastiche, sono suscettibili di cambiamento (arborizzazioni dendritiche, sinapsi, spine sinaptiche e singole componenti molecolari di queste strutture) e generano un software unico. Questo software distingue ciascuno di noi per un determinato carattere e per quell'insieme di proprietà note come memoria, volontà, pensiero.
noteasy1Ci sono due principali obiezioni a una concezione squisitamente riduzionista del cervello umano. Innanzitutto è arduo accettare che il software-cerebrale possa generare una coscienza di sé stesso (autocoscienza), anche assumendo la creazione di computer molto più potenti e sofisticati di quelli attuali. Inoltre, l'analogia tra cervello e computer è solo apparente: diversi sono i materiali che costituiscono questi due tipi di elaboratori d'informazione, diverso il modo specifico di operare (sostanzialmente in serie il computer, in serie e in parallelo contemporaneamente il cervello), profondamente differente è la velocità della singola operazione, molto maggiore nel caso del computer. Dopo tutto, il fatto che volatili e aeroplani siano capaci di librarsi nell'aria non significa che questa prestazione avvenga tramite uguali meccanismi.

 

La mente come fenomeno emergente


mind20controllInsomma, se il pensiero non è una specie di secrezione dei neuroni - come un ormone lo è di una ghiandola - ma è comunque un frutto unico e inequivocabile della loro attività, in che modo possiamo ipotizzarne l'origine e le sue innumerevoli espressioni? Si può trovare una prima risposta richiamandosi a quelle proprietà non lineari o emergenti che si manifestano spesso sia nel mondo non vivente sia nel regno della vita. Un semplice esempio di non linearità nella trasformazione delle proprietà è dato da due elementi che si uniscono fra loro per formare un composto: quest'ultimo ha proprietà di cui non si trova traccia negli elementi che lo compongono. Idrogeno e ossigeno, per esempio, hanno proprietà chimiche molto differenti dall'acqua che essi formano unendosi in un determinato rapporto stechiometrico.
L'esempio più eclatante di non linearità è proprio la vita al suo nascere. Come nasce, come si genera questa proprietà della materia che fino all'inizio di questo secolo era considerata miracolosa? La biologia ha inequivocabilmente dimostrato che la vita non è qualcosa di immanente alla materia che forma un organismo (l'antico 'soffio vitale') ma è l'espressione dell'attività di migliaia e migliaia di molecole, singolarmente anche molto complesse, ma prive di qualsiasi proprietà identificabile come vita. Anche in questo caso, l'insieme di queste molecole e la loro organizzazione in strutture sofisticate porta a un salto qualitativo, generando ciò che è chiamato 'vita'.mind__rotelle
Un altro salto qualitativo straordinario può essere considerato quello che risulta dalla somma delle attività dei neuroni. Nel cervello ci sono circa cento miliardi di neuroni che, pur essendo dotati di proprietà davvero sofisticate, sono 'stupidi' come i microchip di un computer. Anche in questo caso la somma delle loro attività produce un salto qualitativo che non può essere previsto dalle proprietà del singolo neurone .
In sostanza, ogniqualvolta si assiste a un aumento di complessità di un sistema, si può osservare che emergono proprietà imprevedibili che complicano, spesso a dismisura, la possibilità di predire o teorizzare il modo con il quale quella proprietà si è generata. Per questo motivo ritengo che l'approccio riduzionista riferito in precedenza, e che pure ha costituito uno strumento investigativo di valore inestimabile per le scoperte più rilevanti della bio-medicina moderna, potrebbe non essere sufficiente a ipotizzare e comprendere appieno la natura e i meccanismi dei processi mentali.
smallheadul9Le conoscenze che si vanno progressivamente acquisendo sulle proprietà dei singoli neuroni prospettano una complessità funzionale tale da rendere ancora più impredicibili funzioni 'globali' come quelle mentali, che emergono dall'attività di miliardi di queste cellule.
Le attività mentali come 'proprietà emergenti': mi sembra la riposta più appropriata alla lunga diatriba tra riduzionismo e dualismo. Le proprietà mentali, infatti, pur essendo il frutto esclusivo dell'attività dei neuroni, non sono la semplice risultante di una loro somma algebrica. Ritengo, pertanto, che il problema mente/cervello dovrebbe essere considerato non solo scartando ipotesi dualistiche ormai obsolete, ma neppure limitandosi ad approcci sperimentali esclusivamente basati su concezioni riduzionistiche, anche se queste sono state, e saranno nei decenni futuri, estremamente fruttuose nella ricerca biologica di base.
Penso che nessuno, al momento, abbia una risposta soddisfacente per quanto riguarda l'approccio sperimentale basato sul concetto di attività mentali come proprietà emergenti. Certamente questo tipo di problema non potrà essere risolto per l'intuizione geniale del singolo scienziato, alla Darwin, alla Einstein, o alla Watson e Crick, ma dovrà essere affrontato con mentalità aperta da tutte le più varie discipline che si occupano del cervello, consapevoli che quella che sta di fronte a noi è una delle sfide scientifiche più complesse che l'uomo abbia mai affrontato e convinti che la versione odierna dell'imperativo socratico dovrebbe essere 'conosci il tuo cervello'.

 

 

Mente e cervello, però, non possono essere considerati la stessa cosa, anche se sono legati indissolubilmente. Oltre cento miliardi di neuroni aprono e chiudono nel nostro cervello una miriade infinita di collegamenti, a seconda delle esperienze che facciamo e del significato che diamo loro.

Quando è una parte del corpo a dover essere curata è giusto che il paziente stia a letto, che i medici lo visitino, toccandolo, ascultandolo, facendo delle analisi, per trovare la natura del male. Ma la psichiatria si è separata dalla neurologia proprio per l'impossibilità di considerare i disturbi psichici esclusivamente come disturbi del cervello. Non esiste una linea di confine assoluta fra salute e malattia mentale.

 


 

 

Sono quattro le diverse condizioni mentali che una persona può incontrare nel corso della vita:


 

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LA CONDIZIONE DI BENESSERE MENTALE:


È quella in cui si vive quando esiste un buon livello di soddisfazione dei bisogni, insieme ad una soddisfacente qualità della vita: Equilibrio, serenità, tranquillità, accettazione del proprio stato individuale e sociale, ma allo stesso tempo curiosità e spirito di iniziativa, contraddistinguono tale condizione. Certamente non è uno stato che si raggiunge una volta per tutte e per tutti uguale: nelle alterne situazioni dell'esistenza, il benessere mentale è l'obiettivo verso cui l'individuo tende costantemente.


LA CONDIZIONE DI DISAGIO MENTALE:


È quella in cui si vive quando si avverte uno stato di sofferenza,malattiamentalem connesso a difficoltà di varia natura (negli affetti, nel lavoro, ecc.) che comunque si presentano nella vita. Tensione, frustrazione, aggressività o tristezza caratterizzano questa condizione, senza tuttavia che si instauri alcun sintomo specifico. E' bene tenere presente che, insieme alla condizione di benessere, una quota di disagio è parte integrante di ogni esistenza.



LA CONDIZIONE DI DISTURBO (O MALATTIA) MENTALE:


a00i3È quella in cui il soggetto vive quando non trova risoluzione alla sofferenza in cui lo pone la condizione di disagio, ovvero quando essa raggiunge livelli di intensità molto elevati. Si passa dal disagio al disturbo quando alla sofferenza prolungata o intensa si accompagnano alterazioni mentali o dei comportamenti. La sofferenza si "clinicizza", cioè insorgono sintomi psichiatrici specifici: deliri, allucinazioni, ossessioni, ecc. Sebbene la condizione di disturbo mentale non rientri nella vita normale, tutti, in situazioni particolari, possiamo incorrere in tale condizione. La condizione di disturbo può essere temporanea se curata efficacemente e in maniera tempestiva.


LA CONDIZIONE DI DISTURBO MENTALE STABILIZZATO

(O MALATTIA MENTALE CRONICA):


È quella in cui il soggetto vive quando il disturbo si cronicizza: dunque, perdurano nel tempo non solo le alterazioni mentali o del comportamento, ma anche la situazione che le ha determinate. Molto spesso il disturbo si stabilizza per non essere stato curato o per essere stato curato male.07_14-klimt-drawback

Le quattro condizioni che abbiamo tratteggiato costituiscono il sistema di riferimento entro cui vanno riveduti e collocati i concetti tradizionali di malattia e di salute mentale. Infatti, la psichiatria moderna considera nettamente falsa e dannosa un'idea ampiamente diffusa nel senso comune. L'idea è quella che divide la mente umana in due soli stati possibili: lo stato sano e lo stato malato, al quale immediatamente si collegano i pregiudizi della organicità, inguaribilità, ecc. In realtà, quella che chiamiamo "esistenza normale", comprende anche condizioni di disagio, che possono sfociare in veri e propri disturbi.


Si tratta sempre di passaggi sfumati e graduali, spesso reversibili.


Ciascuno di noi transita continuamente tra la prima e la seconda condizione, dal benessere al disagio e viceversa; qualcuno può trovarsi nella terza condizione, essere ci311146532_48d0f5432foè soggetto a specifici disturbi; qualcuno può, infine, stabilizzarsi su un certo disturbo, ponendosi in una condizione di difficile reversibilità. Si vede chiaramente che l'idea che alcune teorie rifiutano è frutto di un pregiudizio ulteriore, che potremo chiamare manicheo, o del bianco e nero: la tendenza a dividere il mondo in due parti, malattia e salute, folli e normali. Un modo di vedere le cose apparentemente semplice, evidentemente primitivo, sicuramente dannoso.

 

In conclusione, la sofferenza mentale è presente nel disagio, nel disturbo e nel disturbo stabilizzato e non la si può capire ed affrontare fin quando non ci si libera del pregiudizio manicheo.

 

 

Ognuno di noi può soffrire psicologicamente, più o meno intensamente, ogni volta che è sottoposto a:

 

 

                         
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Quando questi problemi fondamentali della esistenza umana, trovano condivisione e affetto la sofferenza può essere un modo per diventare più maturi, quando viceversa si risponde con derisione e rifiuto la sofferenza non può che aggravarsi. La salute mentale è in gran parte legata al modo in cui le persone stanno fra loro, alla loro reciproca attenzione, accettazione, sintonia, tolleranza, alle esperienze che ognuno fa con gli altri nel corso di tutta la vita.

La mente umana non è paragonabile ad una macchina sofisticata e complessa che può andare incontro a qualche guasto.

Per questo i disturbi mentali non possono essere curati come le malattie del corpo.

Per questo i farmaci, pur essendo di grande aiuto in alcune occasioni, non possono rappresentare l'unica cura e, se usati a sproposito, rischiano di procurare gravi danni.

brain10Nonostante si sappia ancora poco sulla malattia mentale, negli ultimi 20 anni abbiamo imparato molte cose su coloro che ne soffrono. Sappiamo che non sono violenti, che si sentono fragili, che sono spesso impauriti dalla gente dalla quale si ritengono osservati e giudicati. Sappiamo che ricercano l'aiuto degli altri, ma che hanno talmente paura di essere delusi, da rifiutarlo allo stesso tempo. Sappiamo che anche le persone più sofferenti, se adeguatamente aiutate, possono raggiungere una buona autonomia con soddisfazione loro e di chi li circonda. Da quando abbiamo imparato queste ed altre cose, la psichiatria è completamente cambiata, passando da una concezione di rassegnato controllo dei vecchi ospedali psichiatrici ad una realmente terapeutica dei nuovi Dipartimenti di Salute Mentale.

Chi soffre di disturbi mentali ha bisogno di sentirsi accolto e benvoluto, di sentirsi parte di un gruppo, di poter stabilire relazioni di fiducia che gli permettano di accettarsi ed apprezzarsi.

Oggi si tende a condividere con i pazienti attività lavorative, sportive, ricreative che possano facilitare l'incontro e la comunicazione con loro, e a considerare tutto questo come cura.

 

 

L'Organizzazione Mondiale della Sanità

 

"Occuparsi di salute senza considerare la salute mentale è un po’ come prendersi cura di uno strumento musicale lasciando le note scordate" ci avverte Gro Harlem Brundtland direttore generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.). La salute mentale è stata troppo a lungo trascurata, mentre è fondamentale per il benessere dell’individuo, delle società e dei paesi, che sia guardata sotto una nuova luce. Le malattie mentali sono molto più diffuse di quanto finora si era pensato, hanno ripercussioni enormi sulla qualità della vita dei malati e delle loro famiglie, e comportano alti costi, diretti e indiretti, per la società. "Se si introducono parametri più complessi della classica mortalità o degli indicatori di incidenza e prevalenza, e si considera il carico globale di malattia, ovvero gli anni di salute perduti in mortalità e disabilità – disability aggiusted life years, o DALYs – i dati cambiano dcohen_psychologyradicalmente, si viene cioè a scoprire che oltre il 12 per cento del carico globale di malattia è rappresentato dai disturbi neuropsichiatrici. Più del cancro e della patologia cardiovascolare". Se si considera la sola disabilità, la depressione, che pure incide poco sulla mortalità, balza in vetta alla classifica. E, come indicano le proiezioni future, con gli anni guadagnerà ancora qualche posizione: se nel 1999 stava al quinto posto, dopo malattie respiratorie, AIDS, deficit perinatali e diarrea, nel 2020 sarà al secondo, dopo le malattie cardiovascolari. Un discorso analogo vale per la maggior parte delle altre malattie considerate nel Report dell'OMS: pur non mettendo in pericolo la vita, ne compromettono fortemente la qualità, non solo del malato ma anche della sua famiglia. Per fortuna esistono strategie collaudate ed efficaci, e a costi non proibitivi, in grado di combatterle. "Se è vero che pochissime malattie si possono prevenire – in pratica solo alcune forme di ritardo mentale – è vero anche che tutte possono essere trattate". Per esempio in sei mesi la depressione guarisce nel 70 per cento dei casi. La schizofrenia nella metà dei casi è libera da ricadute dopo un anno di trattamento.
Perché tanta difficoltà ad affrontare la malattia mentale? "Perché alla diffusione delle conoscenze acquisite si frappongono barriere difficilmente sormontabili. La prima è lo stigma: il "pazzo” viene automaticamente escluso dalla società, non può farvi parte. Ovunque nel mondo il malato mentale è considerato un individuo di serie B". La seconda barriera è meno metaforica e più concreta: i manicomi, le strutture istituzionali che in tutti i paesi ricordano da vicino l’inferno dantesco. Chi entra lascia ogni speranza, è perduto per sempre. "Non solo: pur non avendo alcuna valenza terapeutica queste strutture drenano spesso tutte le risorse che i governi destinano alla salute mentale. E’ un evidente paradosso, eppure è ciò che avviene per esempio in Mozchiusurains1no7ambico o in India". Nei paesi occidentali vigono anche inspiegabili barriere economiche: quante assicurazioni coprono le malattie mentali? "Sono pochissimi i paesi che attuano il 100 per cento di rimborso per le cure mediche. Inoltre la paura della discriminazione sul lavoro e sull’avanzamento di carriera professionale porta a nascondere la malattia, o a non volerla ammettere".
"Non dimentichiamoci che un tempo neanche troppo lontano non si poteva parlare apertamente neppure di cancro: era un segreto da mantenere all’interno della famiglia" osserva la Brundtlandt. "Oggi molti di noi ancora non vogliono parlare di AIDS. Sono pregiudizi che a poco a poco stiamo superando. La scienza e la sensibilità si stanno coalizzando per abbattere le barriere che impediscono ai malati di ricevere una cura". Indicativo lo slogan scelto per il Report: new understanding new hope. "Le nuove conoscenze ci autorizzano a sperare" afferma la Brundtland. "Oggi sappiamo come fattori genetici, biologici e sociali concorrano nello sviluppo delle malattie mentali e cerebrali. Sappiamo come salute fisica e mentale siano due concetti saldamenti legati, e come l’una possa influenzare fortemente l’altra". Per esempio, la depressione aumenta l’incidenza di malattie cardiovascolari e quindi le morti da infarto. I disturbi dell’umore provocano una cascata di eventi che si ripercuote sul sistema endocrino e su quello immunitario rendendo le persone più vulnerabili alle malattie. Sempre la depressione può anche essere la causa principale della mancata compliance alla cura di altre malattie. "Siamo solo all’inizio. Restano ancora tante cose da fare" ammette il direttore dell’OMS. "Ma quello che deve essere chiaro a tutti è che molte persone non stanno ricevendo l’aiuto di cui avrebbero bisogno, aiuto che è disponibile e che può essere ottenuto a costi contenuti. Molte di queste persone soffrono in silenzio. Molte soffrono da sole".

 

DISTURBI MENTALI

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I disturbi mentali sono modifiche stabili o periodiche del comportamento di un individuo che iniziano improvvisamente o lentamente, e peggiorano il livello di funzionamento e la capacità di adattamento alle circostanze della persona interessata.
Le cause dei disturbi mentali non sono ancora ben note, ma è probabile che allo sviluppo di un disturbo mentale partecipino elementi di natura genetica, ereditaria; fattori ambientali che incidono sullo sviluppo del nascituro; condizioni di vita avverse o fonte di disagio e stress, quali povertà, lutti, insuccesso scolastico o finanziario, disoccupazione, persecuzioni e tortura.
Un disturbo mentale si manifesta con modificazioni soggettive dello stato mentale e cambiamenti oggettivi del comportamento osservabili da terze persone. I segni sono alterazioni o anomalie del comportamento osservabili da parte di un osservatore esterno ed indipendente; i sintomi sono lamentazioni riferite dal paziente e, pur essendo riconducibili spesso, ma non sempre, ad alterazioni o anomalie comportamentali, si basano principalmente, se non esclusivamente, su quanto riferito dal paziente, e quindi sulla sua esperienza soggettiva.
Segni e sintomi psichici costituiscono spesso un aggregato, detto sindrome, che è caratteristico per ogni disturbo mentale. Sulla base delle specifiche aggregazioni sindromiche di segni e sintomi sono basate le classificazioni diagnostiche: le più diffuse attualmente sono il DSM-IV, dell'Associazione degli Psichiatri Americani, e l'ICD-10, dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.
zenoxUn aggregato di segni e sintomi psichici costituisce un disturbo mentale solo quando si accompagni a disagio e sofferenza soggettiva, ed ad un peggioramento del livello di adattamento affettivo, sociale, e lavorativo della persona affetta.
Un disturbo mentale determina disagio e sofferenza in chi ne soffre, spesso con ripercussioni anche sulle persone che stanno accanto a chi è affetto, siano esse il partner, i familiari, gli amici, i compagni di lavoro. I disturbi mentali si accompagnano inoltre ad un aumentato rischio di co-morbidità per disturbi fisici e psichici; mortalità anticipata, soprattutto da causa violenta; disoccupazione, povertà, isolamento.
Non esiste una stima precisa della frequey1pghycwaoqypez2d3t0izyeo4nza dei disturbi mentali nella popolazione generale. Studi condotti negli Stati Uniti indicano una prevalenza dei disturbi mentali compresa tra il 25% ed il 35% della popolazione generale. Circa una persona su tre, quindi, soffre di un disturbo mentale di una qualche gravità.
Una quota importante del carico sociale e personale dovuto ad infermità, malattia, e mortalità precoce è attribuibile a un disturbo mentale. I disturbi mentali compartecipano anche, in modo indiretto, della quota di violenza, disoccupazione, e povertà presente nelle società moderne.
Un trattamento efficace è atteso ridurre i costi sociali e personali dovuti ai disturbi mentali.
 

 

"Il folle non è meno musicista di me o di te;
soltanto, lo strumento che suona è un po' scordato"

 

I disturbi mentali, sono stati tradizionalmente divisi per convenzione in due grandi gruppi: le nevrosi (o psiconevrosi) e le psicosi che di norma identificano disturbi più importanti e spesso di una certa gravità.
Tutte le informazioni pubblicate sono indirizzate a famigliari, amici e cittadini: sono a carattere generale e descrivono in modo sommario le causa, le diagnosi, i trattamenti e le cure disponibili.


 
Generalità


 
Il termine Disturbi Neurobiologici adottato di recente dalla associazionmindcollapsee delle famiglie statunitense NAMI, sembra più adatto per identificare le malattie mentali, considerando che ad ogni diturbo cognitivo e comportamentale viene associata ad una disfunzione a livello cerebrale. Questi disturbi infatti afferiscono il cervello, l'organo impiegato dal corpo umano che serve per prendere delle decisioni ed è sede delle emozioni e degli affetti.
Il disturbo non va confuso con la persona sofferente, la quale spesso non è cosciente dei propri comportamenti.


 
"odiate la malattia, amate la persona"


 
La malattia mentale non va confusa con l'individuo che ne è affetto.

 

Che cosa sono i disturbi mentali?


 
dpressioneSono delle malattie vere e proprie come il cancro o le malattie cardiovascolari. I disturbi dell'umore  (depressone e altri) la schizofrenia ed altri disturbi psicotici, d'ansia e disturbi di personalità hanno in comune il fatto che le persone affette non riescono sempre a controllare bene i loro pensieri. I soggetti possono soffrire a causa di allucinazioni visive, uditive o a causa di altri sintomi: in questi momenti diventano "psicotici". Qualche paziente può esibire emozioni "inappropriate": rattristarsi o piangere o esprimere ilarità fuori luogo. Alcune persone sembrano inespressive e non mostrano alcuna emozione. Allo stesso tempo altri soggetti sembrano avere invece il pieno controllo delle loro capacità come se non fossero malati.
Le patologie mentali non vanno confuse con il ritardo mentale, che è determinato da una diminuzione della capacità intellettiva manifestata fin dalla nascita per cause fisiche.
I malati mentali sono provvisti di una normale intelligenza (non raramente più acuta) e non sviluppano alcun sintomo se non, nella maggior parte dei casi, verso l'adolescenza e la prima età adulta.
La malattia va e viene; alcune persone si ammalano in modo episodico, altri quasi perennemente. Altri soffrono a causa di un singolo episodio ed alcuni di più episodi nel corso degli anni; i rimanenti restano ammalati per tutta la loro vita.

 

Disturbi mentali = Sindromi o condizioni psicologiche e comporta-mentali che deviano significativamente da quelle caratteristiche delle persone che godono di buona salute mentale.

In diversi periodi storici e in tutte le culturepuzzle sono stati riscontrati problemi relativi al pensiero, ai sentimenti e al comportamento. Nei tempi passati, i disturbi mentali erano considerati perlopiù derivanti da cause soprannaturali o non naturali, opera di spiriti diabolici o della depravazione umana. Dopo timide apparizioni nel XVI e XVII secolo, tuttavia, lo studio della mente umana, poi chiamato psichiatria, acquistò pieno riconoscimento nel 1790. In questa data il medico parigino Philippe Pinel abolì il contenimento fisico per i malati mentali, istituì il trattamento morale (psicologico) e diede avvio agli studi clinici oggettivi. In seguito, attraverso il lavoro clinico con ampi campioni di pazienti, si definirono i principali tipi di disturbi mentali e si svilupparono tecniche di trattamento differenziate.

 

Sistemi di classificazione

testaDal momento che la suddivisione dei disturbi mentali in classi variava da paese a paese, si pose la necessità di adottare un sistema di riferimento comune. Due sono i modelli di classificazione internazionale, formulati su base statistica: quello dell'Organizzazione mondiale della sanità (l'International Classification of Diseases, oggi giunto alla decima revisione, e comunemente indicato con la sigla ICD-10) e quello dell'American Psychiatric Association (Diagnostic and Statistical Manual for Mental Disorders, oggi giunto alla quarta edizione, e comunemente indicato con la sigla DSM-IV).

I due modelli, pur differenti per certi aspetti, sono tra loro integrabili e confrontabili. Il primo è utilizzato soprattutto per motivi di ricerca, mentre il secondo è ampiamente adottato anche in ambito clinico.

La maggior parte dei sistemi di classificazionepsychology4 distingue i disturbi caratteristici dell'infanzia (incluso il ritardo mentale) da quelli dell'adulto, e i disturbi organici (riferibili ad alterazioni cerebrali o somatiche) da quelli non organici (riferibili a cause psicologiche). 

Un'altra distinzione importante nell'ambito dei disturbi mentali è quella tra disturbi psicotici (in cui è alterato il rapporto del soggetto con la realtà circostante) e nevrotici (in cui il livello di menomazione del rapporto con la realtà è meno grave). In realtà, a causa dei problemi concettuali che permangono a proposito del termine nevrosi, solo l'ICD-10 ha conservato questa dizione, specificandone l'eterogeneità. La distinzione rimane, tuttavia, degna di nota, in quanto viene comunemente utilizzata da molti clinici. La descrizione dei disturbi qui presentata segue quella del DSM-IV.

 

Disturbi dell'infanzia

Si tratta di disturbi che si presentano per la prima volta prevalentemente durante l'infanzia e l'adolescenza. Il ritardo mentale è caratterizzato dall'incapacità di apprendere e acquisire le abilità personali e sociali proprie di soggetti della stessa età, nell'ambito della stessa cultura. Convenzionalmente, si parla di ritardo mentale quando il quoziente d'intelligenza (QI) è pari o inferiore a 70.

L'"iperattività con deficit di attenzione" è una condizione di marcata incapacità di mantenere l'attenzione, di impulsività e di iperattività comportamentale. I bambini con questo disturbo appaiono molto irrequieti e non sono in grado di svolgere compiti, portare avanti attività ricreative e seguire delle istruzioni.

I disturbi d'ansia, durante l'infanzia, sono prevalentemente legati alla difficoltà di lasciare la propria casa e i genitori (angoscia di separazione) e alla paura nei confronti degli estranei.

Disturbi più gravi implicano l'alterazione di numerose funzioni essenziali per la crescita, come l'attenzione, la percezione, l'esame di realtà e il movimento. Un esempio di questo tipo di disturbi è l'autismo infantile, caratterizzato dall'impossibilità di stabilire dei rapporti con gli altri, da comportamenti bizzarri e da una grave incapacità di comunicare.

Altri tipi di disturbi infantili riguardano più strettamente il comportamento. Tra questi si ricordano: la bulimia (l'eccessiva assunzione di cibo), l'anoressia (il rifiuto di assumere cibo), i tic (movimenti involontari, ripetuti), la balbuzie (la difficoltà a iniziare a pronunciare le parole che porta a un caratteristico "inceppamento" nel parlare) e l'enuresi (l'impossibilità di controllare lo stimolo a urinare, soprattutto durante il sonno).

 

Disturbi Mentali Organici

Si tratta di disturbi in cui si presentano anomalie psicologiche e comportamentali associate a danni cerebrali, transitori o permanenti. I sintomi possono variare a seconda dell'area cerebrale colpita, della causa della lesione, della sua gravità e della durata.

I danni cerebrali possono derivare da malattie o sostanze (droghe o altro) che distruggono direttamente le cellule cerebrali oppure da cause che danneggiano il cervello in modo indiretto (ad esempio, un restringimento delle arterie che interrompe l'afflusso di sangue).

I sintomi psichici caratteristici di questi disturbi possono derivare direttamente dalla lesione oppure dalla consapevolezza, da parte del paziente, di avere perduto delle funzioni. Uno dei sintomi principali è il "delirium", uno stato di coscienza alterato che si manifesta con difficoltà a mantenere l'attenzione, disturbi sensoriali e disturbi di pensiero.

Un altro disturbo organico molto frequente è la demenza, che costituisce la sintomatologia tipica di molte malattie, come quella di Alzheimer. La demenza è costituita da una serie di disturbi di memoria, pensiero, percezione, giudizio e attenzione, che rendono progressivamente impossibile sostenere dei ruoli sociali e lavorativi. Quando si presenta nelle persone anziane, assume il nome di demenza senile. Ai sintomi sopra elencati si accompagnano sempre disturbi nell'espressione delle emozioni (instabilità, euforia, apatia, irritabilità).

 

Schizofrenia

Sindrome che può presentarsi durante l'adolescenza o all'inizio dell'età adulta, la schizofrenia è caratterizzata da gravi disturbi nell'ambito del pensiero, della percezione, delle emozioni e delle relazioni interpersonali, da un disturbo nella capacità di percepire il sé, da una perdita del senso di realtà e dal deterioramento del funzionamento sociale. Il significato del termine, che richiama lo "sdoppiamento della mente", si riferisce alla dissociazione tra emozioni e pensieri (da non confondere con lo "sdoppiamento di personalità", che è invece caratteristico delle personalità multiple).

 

Disturbi deliranti

Si tratta di disturbi la cui caratteristica centrale è la presenza di un delirio (una credenza falsa, ma di cui il soggetto è fermamente convinto) di vari contenuti (paranoide, di gelosia, erotico, di grandiosità, mistico). A differenza di quanto accade nella schizofrenia, spesso il delirio rimane confinato a un'area ristretta della vita del paziente, che può essere in grado di svolgere attività sociali e lavorative.

 

Disturbi dell'umore

Sono costituiti da diverse sindromi, caratterizzate dall'alterazione del tono di umore. Nella depressione, il sintomo principale è l'abbassamento del tono di umore e un complessivo rallentamento del pensiero e delle attività. La mania è l'innalzamento del tono di umore, accompagnato da un'accelerazione del pensiero e delle attività. I disturbi unipolari sono caratterizzati da uno o più episodi di depressione, che possono avere o meno anche elementi psicotici (deliri e allucinazioni); i disturbi bipolari sono invece caratterizzati dall'alternanza di episodi depressivi e maniacali, che possono avere o meno anche elementi psicotici.

 

Disturbi d'ansia

L'ansia costituisce il sintomo centrale in due disturbi: il disturbo da "attacchi di panico" (episodi in cui si presenta un attacco di ansia acuta, che porta il soggetto a provare dei disturbi fisici oltre che psicologici) e il disturbo da "ansia generalizzata" (il permanere di una condizione di ansia stabile, che può durare a lungo).

Altri disturbi d'ansia sono le fobie (paure irrazionali di specifici oggetti, attività o situazioni, che comportano una serie di comportamenti finalizzati a evitare lo stimolo temuto) e il disturbo "ossessivo-compulsivo" (presenza di pensieri e impulsi ripetitivi, che il soggetto avverte come estranei e cui deve sottostare al fine di placare l'ansia).

 

Disturbi somatoformi, fittizi e dissociativi

Comprendono quei disturbi che, un tempo, facevano parte del concetto, oggi in disuso, di isteria: le reazioni di conversione, il dolore psicogeno, l'ipocondria e i disturbi dissociativi. Tra questi ultimi si ricordano in particolare le forme di amnesia e fuga psicogena e il disturbo da personalità multipla.

 

Disturbi sessuali e d'identità di genere

Comprendono i disturbi sessuali su base organica (ad esempio, l'impotenza dovuta a malattie) e psicologica (sadismo, masochismo, feticismo) e i disturbi d'identità di genere come la transessualità.

 

Disturbi alimentari

Sono i disturbi che riguardano, specificamente, il comportamento alimentare, sia nel senso del rifiuto di assumere cibo (anoressia nervosa), sia nel senso dell'assunzione smodata di cibo (bulimia). Le due forme sono frequentemente associate nello stesso soggetto.

 

Disturbi del sonno

Comprendono sia le difficoltà nel mantenimento di un corretto ciclo sonno-veglia, come l'insonnia (fatica ad addormentarsi) e la narcolessia (accessi di sonno improvvisi), sia i disturbi che insorgono durante il sonno (incubi notturni, sonnambulismo).

 

Disturbi di personalità

I disturbi di personalità sono condizioni stabili nella vita dell'individuo, caratterizzate dalla presenza di aspetti di personalità rigidi e disadattativi al punto da compromettere l'adattamento alla vita quotidiana e le relazioni interpersonali. I principali disturbi di personalità sono quello paranoide (caratterizzato da estrema sfiducia e sospettosità), schizoide (il cui tratto prevalente è la chiusura nei rapporti sociali), schizotipico (caratterizzato da chiusura relazionale e dalla presenza di pensieri bizzarri), antisociale (il cui tratto distintivo è la presenza di comportamenti devianti dalle norme e dalle leggi sociali), borderline (disturbo in cui sono presenti marcate oscillazioni comportamentali e difficoltà nel controllo degli impulsi), istrionico (in cui prevalgono condotte e atteggiamenti di tipo teatrale, con una caratteristica esagerazione delle emozioni), narcisistico (caratterizzato dal continuo bisogno di approvazione e ammirazione da parte degli altri), evitante (in cui è prevalente un atteggiamento teso a evitare il mondo esterno e la paura di assumersi responsabilità), dipendente (in cui vi è una marcata difficoltà ad autonomizzarsi), ossessivo-compulsivo (caratterizzato da perfezionismo e meticolosità).

 

 

Il rischio di sviluppare una forma di schizofrenia nell'arco della vita è di 1 a 100 (cioè di una persona ogni cento) mentre quello di depressione è di 1 a 10. Con l'aumento dell'età media di sopravvivenza, negli ultimi decenni è cresciuta notevolmente l'incidenza dei disturbi mentali organici.

 

La multiformità dei disturbi mentali rende evidentemente necessario un accurato lavoro diagnostico per determinare all'interno di quale quadro psicopatologico possa essere collocata la sintomatologia presentata dal paziente. La diagnosi serve anche a stabilire l'indicazione per i trattamenti psicoterapeutici più opportuni: fra questi, la terapia psicofarmacologica e le diverse forme di psicoterapia. In anni più recenti è stata posta particolare attenzione anche al tema della riabilitazione, ossia alla possibilità di favorire il riadattamento e il reinserimento sociale di individui che hanno manifestato disturbi mentali anche assai gravi e per lunghi periodi della vita. Vedi anche Antipsichiatria.

 

 

 

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